Imparare la chitarra Jazz (Take4)

Canta e visualizza tutto quello che vuoi suonare!

Imparare la chitarra Jazz – Take Four: cos’è e a cosa serve.

‘Imparare la chitarra jazz’ è un progetto personale di studio . Sono un appassionato chitarrista, ho studiato e suonato per tanti anni, soprattutto jazz. L’ho fatto sempre con piacere, dedicando a questa passione molto tempo ed ho ottenuto discreti risultati, senza però raggiungere un livello professionale (non trovo una definizione più precisa).

In questa ultima versione, che ho denominato ‘Take Four’, ho pensato di documentare i miei attuali sforzi, che sono diretti ad una sorta di rifondazione musicale. Un ripensamento delle mie scelte passate di studio, che mi consenta di superare alcuni limiti che sono emersi nelle mie abilità musicali.

La chitarra è uno strumento popolare, facilmente accessibile nelle prime fasi di apprendimento. Come in ogni attività complessa, man mano che le ambizioni aumentano, cresce anche l’impegno richiesto e le difficoltà degli ostacoli da superare.

E’ quindi un’esperienza molto comune sperimentare fasi alterne nel proprio processo di crescita musicale. Indipendentemente dai successi piccoli o grandi che possiamo ottenere, ci sarà sempre un nuovo traguardo da raggiungere: l’ascolto dei maestri , siano quelli vecchi ed insuperabili del passato, o siano i nuovi talenti che continuano ad emergere, ci propone costantemente nuove sfide e nuovi stimoli.

Può capitare di arrivare ad un certo livello, oltre il quale temiamo di non poter più progredire. Prigionieri dei soliti vecchi licks, con un repertorio di di brani limitato, con una conoscenza della teoria musicale e dell’armonia disconnessa dalla pratica e perciò sterile, costretti ad improvvisare utilizzando box e patterns, proviamo una certa frustrazione. Come mai accade questo? Cosa abbiamo trascurato nella nostra formazione musicale?

Le “trappole” della chitarra

Forse siamo vittime della natura complicata della chitarra, che non favorisce la reale comprensione della musica attraverso lo strumento. Al contrario, la chitarra sembra quasi agire a nostro sfavore, in quanto ciascun passaggio musicale può essere eseguito in molteplici modi, a seconda delle combinazioni di corde impiegate. Per questo motivo, la coordinazione orecchio-movimento delle mani risulta meno immediata e più difficile da raggiungere, rispetto ad altri strumenti.

Sulla chitarra è sin troppo facile visualizzare un accordo o un breve frammento melodico. Inizialmente sembra un vantaggio, si impara a vista dove mettere le dita. Ci basta spostare una forma geometrica, che vediamo sulla tastiera, per cambiare tonalità.

Occorre però tenere presente che i nostri sensi funzionano in modo che, spesso, la percezione visiva pone quella uditiva in secondo piano. Ecco perché, per ascoltare meglio, istintivamente si chiudono gli occhi. La visualizzazione ha certamente un ruolo nell’apprendimento della musica, ma non deve prevalere sull’ascolto.

Oltretutto, sulla chitarra un unico elemento musicale può essere visualizzato in molti modi diversi, il che genera confusione. La facilità di trasporre lo stesso elemento musicale, soltanto partendo da un tasto diverso, ci porta a suonare ignorando i nomi delle note e gli intervalli. Non è una buona abitudine.

Cos’è ‘Imparare la chitarra Jazz – Take 4

Il mio progetto di studio si basa su un cambio di approccio, rivolto a superare i miei limiti, tipici di molti chitarristi (non dei migliori, ovviamente, che questi problemi li hanno risolti).

Il primo cambiamento consiste nel rinunciare, per il momento, allo studio tradizionale della tastiera della chitarra, con il metodo per posizioni. Non voglio più memorizzare diteggiature attraverso le 6 corde, in senso verticale! In questo modo la c.d. memoria muscolare diventa predominante sul contenuto musicale, che va invece interiorizzato focalizzando l’attenzione sugli intervalli. Il frammento che vogliamo eseguire, è meglio visualizzarlo su un paio di corde adiacenti, e trasportarlo semplicemente partendo da un tasto diverso sulla stessa corda, privilegiando una visione orizzontale della tastiera.

Fisicamente è più scomodo, occorre andare più piano, ma è un bene: non si può più suonare meccanicamente. La tastiera della chitarra non è una tavolozza su cui dipingere degli anonimi pallini neri, che creano delle forme geometriche da memorizzare, come suggeriscono tanti metodi per chitarra. E’ piuttosto un campo d’azione nel quale, a seconda dell’effetto sonoro che vogliamo produrre, dobbiamo calcolare la distanza tra una nota e l’altra. Per aiutarci in questo compito, dobbiamo dare dei nomi alle note.

L’altro cambiamento è un nuovo modo di vedere l’armonia. Generalmente si incomincia dalla scala maggiore, mostrandone l’armonizzazione. Da un punto di vista teorico è logico, in quanto gli accordi derivano dalla scala. Però, in questo modo, lo studente è indotto a pensare che prima di tutto si debbano imparare le scale, e che poi basti suonare quelle per creare le proprie melodie.

Da un punto di vista pratico invece, è meglio imparare ad eseguire piccoli oggetti melodici e armonici, che poi si arricchiscono gradualmente con altre note. Ad un certo punto si arriva anche alle scale, ovviamente, ma con una comprensione ben diversa di quello che possono offrirci dal punto di vista melodico ed armonico.

Quando ho iniziato a studiare la chitarra moderna (dopo alcuni anni di chitarra classica come puro esecutore), mi sono avvicinato subito al Jazz e l’armonia per me cominciava con gli accordi di quattro note. I miei studi recenti invece partono dalle triadi, che sono un elemento fondamentale del vocabolario armonico e melodico di tutti i musicisti, Jazzisti compresi.

Poi, aggiungendo una nota, arrivo agli accordi di settima, che possono anche essere visti come triadi con un basso sottostante. Anche gli accordi più complessi, che contengono estensioni ed eventuali alterazioni, possono essere visti come sovrapposizioni di triadi.

Se invece aggiungiamo alla triade due note, otteniamo una scala pentatonica, altro oggetto melodico molto utile. Se combiniamo l’accordo di settima con la pentatonica, otteniamo una scala di sei note. Di questa scala quasi nessuno parla, eppure è facile da utilizzare, perché evita una nota che può risultare dissonante in certi contesti (ed infatti, in certi testi, è indicata come avoid note).

Un ulteriore elemento che può aiutare molto è l’utilizzo del canto, anche se non abbiamo grandi doti vocali. Cerco sempre di accompagnare tutti gli esercizi con l’uso della voce e del solfeggio, in modo da arrivare a sentire internamente ogni elemento musicale, anche senza l’uso dello strumento.

Il solfeggio con il do mobile è uno strumento che ho usato negli ultimi anni, utile ad abituare l’orecchio a riconoscere la distanza relativa delle note rispetto ad un centro tonale, concepito come ‘do’. Secondo tale metodo, qualunque melodia, scala, accordo o tonalità viene analizzato e cantato nella tonalità di DO, che costituisce il modello di qualsiasi altra tonalità.

Dopo aver sperimentato a lungo con questo metodo, mi propongo di imparare gradualmente a ragionare alla stessa maniera in qualsiasi tonalità: se il Do può essere mobile, qualunque altra nota può esserlo altrettanto, il che conduce ad una autentica familiarità con qualsiasi tonalità.

C’è poi tutto un altro mondo da esplorare, quello del tempo e del ritmo. Ho iniziato a praticare regolarmente utilizzando il metronomo in modo da affinare il senso del tempo e dello swing.

Mentre scrivo, ho già registrato oltre 300 esercizi, che perlopiù consistono nell’eseguire su un paio di corde adiacenti un elemento armonico o melodico (una triade, un arpeggio di un accordo di settima, una pentatonica ecc), trasportandolo in tutte le tonalità mentre si cantano le note, dapprima con il sistema del do mobile, poi con i nomi c.d. reali delle note. I singoli elementi melodici vengono poi collegati a formare piccole progressioni armoniche o giri armonici di brani di repertorio, che vengono a loro volta trasposti con lo stesso sistema.

Si tratta di esercizi che vanno a costituire una solida preparazione, dal punto di vista armonico e di ear training, per la pratica dell’improvvisazione. Dal punto di vista tecnico, sono il contario del suonare in posizione, in quanto anziché restare fermi in un’area limitata della tastiera, ci si sposta continuamente, praticando movimenti anche ampi in senso orizzontale.

Cosa non è, a chi si rivolge

E’ bene chiarire che ‘Imparare la chitarra Jazz – Take 4’ non è un metodo sintetico, un riassunto di tutti gli elementi tecnici ed armonici necessari alla pratica musicale di un aspirante jazzman.

Al contrario, è una serie apparentemente interminabile di esercizi. Ci sono anche delle spiegazioni di teoria musicale che, seguendo un filo logico, introducono ciò che si propone di fare. E’ proprio l’atto di praticare gli esercizi con pazienza, cercando di arrivare a farli senza errori, a dare i suoi frutti. Lo sto verificando su me stesso.

Può sembrare banale, o addirittura pedante, prendere un singolo elemento armonico e melodico, cantarlo, trasportarlo, permutarlo o rivoltarlo in modi diversi, applicarlo a diverse progressioni armoniche, eccetera. Poi prenderne un altro ed applicare la stessa routine. In realtà, attraverso un simile procedimento, da un lato ci stiamo procurando, uno alla volta, tutti i mattoncini che ci serviranno per le nostre costruzioni musicali; dall’altro stiamo educando il nostro orecchio, che poi ci suggerirà quali note scegliere al momento di improvvisare.

Quindi uno studio sistematico e noioso, che ci pone limiti ed obblighi da rispettare inderogabilmente, ci porterà a provare un inedito senso di libertà e creatività durante la pratica musicale. Può sembrare strano, ma in fondo è logico.

Occorre padroneggiare veramente le cose più semplici e basilari (e non è così scontato come spesso crediamo), prima di passare a studi più avanzati e stimolanti.

Solo per fare un esempio, ci sono vari metodi in commercio ed illustri dimostrazioni che suggeriscono utilizzi creativi ed avanzati delle triadi, o delle scale pentatoniche, maggiori, minori, diminuite, esatonali ecc. Ma come facciamo a trarne profitto se, in realtà, non conosciamo ciascuno di questi elementi in modo approfondito, non sappiamo eseguirli al volo in qualsiasi tonalità su tutta la tastiera, non li sentiamo internamente e non sappiamo riconoscerli nella musica che ascoltiamo, e tuttociò perché continuiamo a suonare ignorando le note e gli intervalli, avendo soltanto memorizzato delle forme sulla tastiera, che ci consentono di orientarci approssimativamente o poco più?

Naturalmente, non è possibile fare tutti questi esercizi prima di cominciare a cimentarsi con qualche brano da suonare alla jam session. Chi inizia deve fare musica da subito, pur con le proprie conoscenze musicali, giocoforza limitate.

Occorre quindi trovare un bilanciamento fra la giusta esigenza di divertirsi ed esercitare una pratica musicale insieme ad altri musicisti, anche prendendo qualche scorciatoia (suonare in posizione, licks ecc), ed uno studio più rigoroso (ed apparentemente ingrato), che andrà perseguito con costanza per svariati anni ma che, nel lungo termine, ci risparmierà la frustrazione di cui parlavo sopra.

Questi esercizi probabilmente non interessano tanto l’aspirante improvvisatore, che ha fretta di imparare quel tanto che basta per cavarsela, quanto piuttosto il chitarrista leggermente in crisi, che ha sperimentato i limiti di un approccio più semplicistico. Sono tanti i chitarristi che si lamentano di non sapersi muovere liberamente sulla tastiera e di sentirsi costretti dalle posizioni. Forse ancor più quelli che hanno dedicato tempo allo studio delle scale (o dei modi, con altra terminologia) e sono però insoddisfatti delle loro improvvisazioni.

Io, comunque, non sono un’insegnante, se non di me stesso. La qualità tecnica dei video è scarsa, la mia voce cantante è brutta e talvolta stonata (sta però migliorando mentre procedo su questa strada).

Non mi offendo se qualcuno trova gli esercizi noiosi, indubbiamente lo sono. Se li trovate facili da eseguire, probabilmente non ne avete bisogno. Se invece vi risultano difficili, dovreste insistere. Potrebbero cambiare il vostro approccio alla tastiera ed insegnarvi a pensare più da musicisti e meno da chitarristi.

Il mio scopo non è di fare tante visualizzazioni su Youtube. Si tratta solo di un esperimento. Forse potrà aiutarmi a conseguire un apprezzabile progresso della mia abilità musicale generale. Se poi può aiutare qualcun altro, tanto meglio.

Chi vivrà vedrà: “Per aspera ad astra“.

Naif Flamenco – composizione originale

Ricomincio da tre: triade maggiore

DO MI SOL

Tutti conoscono la scala musicale: DO RE MI FA SOL LA SI DO. A partire dalla scala, si costruiscono gli accordi, sovrapponendo le note per terze.

In pratica, a ciascuna nota della scala, si sovrappone non la nota immediatamente successiva, ma quella ancora seguente (quindi non la seconda, ma la terza). Gli accordi di tre note originati dalla scala maggiore di DO sono, quindi, i seguenti: DO MI SOL, RE FA LA, MI SOL SI, FA LA DO, SOL SI RE, LA DO MI, SI RE FA. Il primo accordo prende il nome di DO MAGGIORE, ovvero C, secondo il sistema anglosassone delle sigle, ormai universalmente adottato.

Cominciamo suonando la triade maggiore arpeggiata, ovvero una nota dopo l’altra. Per la diteggiatura, utilizziamo un unico schema: due note su una corda (DO e MI), una nota (SOL) sulla corda adiacente (più acuta).

La diteggiatura proposta può sembrare scomoda, tuttavia ci sono due motivazioni ben precise per attenersi a questo sistema: 1) semplificare al massimo la visualizzazione sullo strumento, mettendo da parte la complicazione della chitarra; 2) evitare di suonare in posizione, ovvero entro quattro o cinque tasti. Al contrario, impariamo a spostarci orizzontalmente sulla tastiera. Tale abitudine, ci farà comprendere la tastiera come un’unità complessiva. Con il sistema delle posizioni, invece, è come se dovessimo memorizzare cinque o sei tastiere differenti, delle quali dobbiamo poi studiare tutti i possibili collegamenti.

Esercizio N. 1: DO MI SOL su tutte le coppie di corde

Avvertenza, che vale anche per gli esercizi successivi: le note eseguite sui primi due set di corde sono troppo acute per la mia voce, per cui le canto un’ottava sotto. Notare comunque i punti in cui la chitarra si sposta di ottava, senza farsi confondere dalla voce.

MI SOL DO

La triade maggiore, come l’abbiamo suonata finora, è detta allo stato fondamentale. Suoniamo ora il c.d. primo rivolto ovvero: MI SOL DO (sempre andando dal grave all’acuto). Lo schema per la diteggiatura è, nuovamente, due note su una corda (MI e SOL), una nota (DO) sulla corda adiacente.

Esercizio N. 2: MI SOL DO su tutte le coppie di corde

SOL DO MI

Passiamo ora al secondo rivolto: SOL DO MI (sempre andando dal grave all’acuto). Lo schema per la diteggiatura che suggerisco, in questo caso, è diverso: il SOL su una corda, DO e MI sulla corda adiacente (più acuta).

Esercizio N. 3: SOL DO MI su tutte le coppie di corde

Chord Melody

Una volta compresa la nostra triade maggiore ed i suoi rivolti, impariamo a suonare queste strutture, non solo come elementi melodici, ma anche come accordi, ovvero con le tre note che suonano simultaneamente. Questo non è fisicamente possibile farlo su una coppia di corde, dobbiamo necessariamente utilizzare tre corde. Gli schemi appresi sopra ci serviranno comunque come strutture melodiche, alle quali ‘appendere’ l’accordo con i suoi rivolti.

Esercizio 4: DO MI SOL (corde 2 e 1) armonizzati; DO MI SOL (corde 3 e 2) armonizzati

Come avete visto, è possibile armonizzare un frammento melodico con gli opportuni rivolti, scelti in base alla voce più acuta . In questo modo, l’ascoltatore percepirà la sonorità degli accordi e la melodia contemporaneamente. Gli americani chiamano questo procedimento Chord melody.

Ora ripetiamo il procedimento sulla melodia MI SOL DO, utilizzando rispettivamente il secondo rivolto, la triade allo stato fondamentale e il primo rivolto del nostro C.

Esercizio N. 5: MI SOL DO (corde 2 e 1) armonizzati; MI SOL DO (corde 3 e 2) armonizzati;

Ancora, armonizziamo la melodia SOL DO MI, utilizzando rispettivamente la triade allo stato fondamentale, il primo e il secondo rivolto.

Esercizio N. 6: SOL DO MI (corde 2 e 1) armonizzati; SOL DO MI (corde 3 e 2) armonizzati;

Trasportando le triadi

Altezza assoluta e relativa dei suoni: i nomi delle note e i loro possibili usi.

Fino ad ora, abbiamo individuato le note da suonare attraverso i loro nomi: DO-MI-SOL, MI-SOL-DO, SOL-DO-MI. Supponendo che la chitarra sia accordata perfettamente, la quinta corda a vuoto corrisponde ad un LA, la quarta corda ad un RE, la terza ad un SOL, la seconda ad un SI, la prima ad un MI, e la sesta ad un MI più basso, di ben due ottave. Salendo di tasto in tasto su ogni singola corda, il suono diventerà via via più acuto, nella misura di un semitono alla volta. Quindi, per esempio, se dalla prima corda a vuoto, che è un MI, salgo al primo tasto, avrò FA, al secondo tasto F#, al terzo SOL, al quarto SOL#, al quinto LA, eccetera.

L’altezza del LA è attualmente fissata a 440 hertz, in base ad una convenzione stabilita nel XX secolo [https://it.wikipedia.org/wiki/La_(nota)]; se accordiamo la nostra chitarra partendo da una frequenza leggermente diversa, o addirittura mezzo tono o un tono sotto, non incontriamo alcun particolare problema a suonare da soli. La necessità di fissare delle altezze precise dei suoni, infatti, nasce dall’esigenza di accordare strumenti diversi in modo che possano suonare insieme, risultando intonati fra loro. A questo scopo, già nell’antichità, si usava un sistema di lettere, simile a quello tuttora utilizzato nei paesi anglosassoni.

Le sillabe do, re ,mi, fa sol, la, si, do, la cui invenzione è attribuita a Guido d’Arezzo, sono nate con un intento diverso: facilitare il riconoscimento e l’intonazione dei suoni ai cantori, attraverso la comprensione dell’altezza relativa dei suoni.

Cio che rende inconfondibile una melodia, infatti, è il rapporto tra le diverse altezze dei suoni che la compongono, indipendentemente dall’altezza assoluta del suono da cui si parte. Un buon musicista dovrebbe essere in grado di suonare un brano a partire da uno qualsiasi dei 12 suoni che compongono la scala cromatica del nostro sistema musicale occidentale.

Intervalli

Una linea melodica può essere considerata come una sequenza di intervalli. Dicesi intervallo la distanza fra due suoni. Confrontando due suoni, il nostro orecchio potrà notare che, alternativamente: 1) il primo e il secondo suono sono di eguale altezza; 2) il primo suono è più grave del secondo (ovvero, che è lo stesso, il secondo suono è più acuto del primo). In questo caso si parla di intervallo ascendente. 3) Il primo suono è più acuto del secondo (ovvero il secondo è più grave del primo). E questo è l’intervallo discendente.

Chi ha sviluppato un buon orecchio musicale, potrà dire di quanto è più acuto (o più grave) il secondo suono rispetto al primo. In termini tecnici, saprà riconoscere con precisione gli intervalli.

Non è mia intenzione proporre qui una trattazione completa di tutti gli intervalli musicali. Piuttosto, vorrei illustrarli strada facendo, man mano che li incontriamo negli esercizi.

Collochiamo quindi la nostra triade DO MI SOL su un’unica corda:

In questo modo, vediamo chiaramente che, parlando di distanza fra suoni diversi, ci si riferisce ad un fenomeno di carattere uditivo, ma anche fisico, che corrisponde ad una grandezza misurabile. Per andare dal DO al MI, sul nostro strumento, bisogna salire di quattro tasti (4 semitoni, il tasto di partenza non si conta). Dal MI al SOL, invece, la distanza da percorrere è minore, infatti è di tre tasti (tre semitoni).

Tanto DO-MI, quanto MI-SOL, sono due terze, in quanto la denominazione degli intervalli si basa sul numero delle note della scala comprese fra il suono di partenza e quello di arrivo (si conta anche la nota di partenza). Le terze sono però di due tipi: 1) maggiori (4 semitoni=due toni), come nel caso di DO-MI; 2) minori (3 semitoni=1 tono e mezzo).

Se ora analizziano il primo rivolto della triade di C, MI SOL DO, notiamo che gli intervalli sono leggermente diversi.

Dal MI al SOL c’è ancora una terza minore, mentre dal SOL al DO, abbiamo un nuovo intervallo; una quarta (giusta: 5 semitoni=due toni e mezzo, si distingue dalla quarta aumentata, tre toni, ad esempio DO FA#).

Il secondo rivolto, incomincia con un intervallo di quarta (SOL-DO), seguito da un intervallo di terza maggiore (DO-MI). Nel diagramma: 3FR=III tasto.

Possiamo analizzare una melodia in senso orizzontale, quando misuriamo gli intervalli tra ogni nota e quella immediatamente successiva. Esiste però anche un aspetto verticale, o armonico, degli intervalli. Questo si manifesta in modo ovvio quando più note vengono suonate simultaneamente, formando un accordo, ma anche quando, in una serie di note, il nostro orecchio ne assume una come riferimento per tutte le altre, ovvero come centro tonale o tonica. Analizzando dal punto di vista armonico la nostra triade, possiamo dire che DO è la tonica, MI la terza (maggiore), SOL è la quinta (giusta).

L’intervallo DO-SOL, infatti, è una quinta (giusta: 7 semitoni=tre toni e mezzo; esistono anche la quinta diminuita: 6 semitoni=tre toni, ad. esempio DO-SOLb, e la quinta aumentata: 8 semitoni=4toni, ad esempio DO-SOL#). La funzione armonica delle tre note non cambia, qualunque sia il rivolto prescelto, DO sarà sempre la tonica dell’ accordo, MI la terza maggiore, SOL la quinta.

Il DO viene individuato, dal nostro orecchio, come la nota base, rispetto alla quale le altre note risultano più o meno distanti. Per tale motivo, il DO dà il nome all’accordo maggiore che stiamo suonando (DO maggiore=C).

do mi sol per semitoni

Anche la nostra triade, con i suoi rivolti, può essere trasportata a partire da qualsiasi tasto della chitarra, continuando a produrre il medesimo effetto sonoro. Per familiarizzare con la sonorità della triade maggiore, la sposteremo su e giù per la tastiera, cantando contemporaneamente con le sillabe do, mi, sol, alla maniera di Guido d’Arezzo. Questo sistema di solfeggio, che utilizza i nomi delle note per descriverne i rapporti relativi di altezza, è chiamato do mobile.

https://pianofortelezioni.it/il-trasporto/?s2-ssl=yes

Esercizi: avvertenza

Per eseguire correttamente gli esercizi, dovremo osservare attentamente gli intervalli tra una nota e l’altra della triade, lungo la corda e tra corde adiacenti. La visualizzazione degli intervalli ci guiderà nei nostri spostamenti sulla tastiera. Le sillabe do, mi, sol, scritte in minuscolo, sono quelle del do mobile. Infatti continuiamo ad usarle, invariate, mentre trasportiamo la triade per semitoni. Non ci stiamo concentrando sullle altezze assolute dei suoni: semplicemente, educhiamo il nostro orecchio ad anticipare il suono delle triadi maggiori e la nostra mano a realizzare gli opportuni intervalli. E’ opportuno anche notare che la mia voce canta un’ottava sotto rispetto alla chitarra.

Esercizio 7: do, mi ,sol a note singole, per semitoni (corde 2 e 1)

Esercizio 8: do, mi, sol ad accordi, per semitoni (corde 2 e 1)

Esercizio 9: do, mi ,sol a note singole, per semitoni (corde 3 e 2)

Esercizio 10: do, mi ,sol ad accordi, per semitoni (corde 3 e 2)

mi sol do per semitoni

Esercizio 11: mi, sol, do per semitoni (corde 2 e 1)

Esercizio 12: mi, sol, do ad accordi, per semitoni (corde 2 e 1)

Esercizio 13: mi, sol, do per semitoni (corde 3 e 2)

Esercizio 14: mi, sol, do ad accordi, per semitoni (corde 3 e 2)

sol do mi per semitoni

Esercizio 15: sol, do, mi per semitoni (corde 2 e 1)

Esercizio 16: sol, do, mi ad accordi, per semitoni (corde 2 e 1)

Esercizio 17: sol, do, mi per semitoni (corde 3 e 2)

Esercizio 18: sol, do, mi ad accordi, per semitoni (corde 3 e 2)

I-IV-I-V

Proseguiamo il nostro studio delle triadi maggiori, trasportando il nostro C:

una quarta sopra (giusta: 5 semitoni=due toni e mezzo, cinque tasti della chitarra).

una quinta sopra (giusta: 7 semitoni=tre toni e mezzo, sette tasti della chitarra)

In questo modo realizzeremo due delle cadenze più importanti della tonalità maggiore: I / IV e I/V (ovvero, rispettivamente, il primo e il quarto accordo derivato dalla scala maggiore, ed il primo e il quinto). Nella tonalità di DO:

C / F / C / G

Esercizio 19: DO MI SOL/ FA LA DO/ DO MI SOL/ SOL SI RE su corda 2 e 1

Esercizio 20: DO MI SOL/ FA LA DO/ DO MI SOL/ SOL SI RE su corda 3 e 2

Rivolti degli intervalli: la regola del 9

Esercizio 21: su due set di corde

L’esercizio precedente richiede una spiegazione. Cosa accade se, trasportando le mie triadi per seguire la progressione, arrivo troppo in alto sulla tastiera, tanto da non poter più salire? Forzatamente, dovrò scendere di un ottava. Ad esempio, dopo la triade di DO, voglio eseguire la triade di FA. Dovrei salire di una quarta, ma ho finito i tasti disponibili: suonerò allora il FA all’ottava inferiore rispetto al DO da cui sono partito. Avrò quindi eseguito il c.d. rivolto dell’intervallo (di quarta, in questo caso). Per scendere dal DO al FA dell’ottava inferiore, la distanza in toni e semitoni è però maggiore di quella necessaria a salire dal DO al FA della stessa ottava. Infatti, per salire da DO a FA l’intervallo è una quarta (5 semitoni); DO-FA rivoltato, invece, è un intervallo discendente di quinta (7 semitoni).

Ovviamente, tutti gli intervalli possono essere rivoltati, portando la nota più acuta all’ottava inferiore, oppure portando la più grave all’ottava superiore. La somma di un intervallo e del suo rivolto fa sempre nove. Il rivolto di una seconda è una settima, di una terza è una sesta, di una quarta è una quinta, di una quinta è una sesta, di una sesta è una terza, di una settima è una seconda. Va poi detto che se un intervallo è maggiore, il suo rivolto è minore, e viceversa. Analogamente, se un intervallo è aumentato, il suo rivolto è diminuito. Gli intervalli giusti infine (quarte, quinte e ottave) , restano tali anche se sono rivoltati.

MI SOL DO

Esercizio 22: MI SOL DO/LA DO FA/MI SOL DO/SI RE SOL su corde 2 e 1

Esercizio 23: MI SOL DO/LA DO FA/MI SOL DO/SI RE SOL su corde 3 e 2

Esercizio 24: su due set

SOL DO MI

Esercizio 25: SOL DO MI/DO FA LA/SOL DO MI/RE SOL TI su corde 2 e 1

Esercizio 26: SOL DO MI/DO FA LA/SOL DO MI/RE SOL TI su corde 3 e 2

Esercizio 27: su due set

Permutazioni

Abbiamo visto che l’accordo maggiore può essere ‘rivoltato’ in tre modi (stato fondamentale, I e II rivolto). Considerando la triade come elemento melodico, possiamo variare l’ordine in cui suonare le tre note di ciascun rivolto.

Assegnamo alle note della triade i numeri 1 3 5 (tonica, terza e quinta, ‘do’ ‘mi’ ‘sol’ con le sillabe del do mobile). Tre numeri possono essere ‘permutati’ in 6 modi: 1 3 5 , 1 5 3, 3 1 5, 3 5 1, 5 1 3, 5 3 1.

Queste sei formule possono essere applicate a ciascuno dei tre rivolti. In totale, otteniamo 18 combinazioni melodiche diverse.

E’ evidente che le permutazioni ampliano notevolmente le possibilità di utilizzo melodico delle triadi. Si noti che accanto a terza maggiore e minore, quarta, quinta, compare anche un intervallo che non avevamo ancora visto: la sesta, sia minore (8 semitoni), sia maggiore (9 semitoni).

A partire dall’Esercizio 1 (1 3 5 – S.F.), possiamo generare altri cinque esercizi:

Avvertenza, che vale anche per gli esercizi successivi: le note eseguite sui primi due set di corde sono troppo acute per la mia voce, per cui le canto un’ottava sotto.

Esercizio 28: 1 5 3

Esercizio 29: 3 1 5

Esercizio 30: 3 5 1

Esecizio 31: 5 3 1

Esercizio 32: 5 1 3

Altrettanto, dall’Esercizio 2: (3 5 1 – I rivolto):

Esercizio 33: 3 1 5

Esercizio 34: 5 3 1

Esercizio 35: 5 1 3

Esercizio 36: 1 5 3

Esercizio 37: 1 3 5

Ancora, dall’Esercizio 3 (5 1 3 – II rivolto)

Esercizio 38: 5 3 1

Esercizio 39: 1 5 3

Esercizio 40: 1 3 5

Esercizio 41: 3 1 5

Esercizio 42: 3 5 1

Chord Melody, permutazioni e trasposizioni

A partire dall’Esercizio 4 (Stato Fondamentale, 1 3 5), possiamo generare altri 5 (x2 set di corde) esercizi, utilizzando le permutazioni, questa volta ad accordi. Sfruttando il principio del do mobile, possiamo trasportare ciascuna struttura per semitoni, cantando do mi sol, ma anche fa la do e sol ti re. In questo modo, rafforzeremo quanto imparato nel capitolo precedente, preparandoci ad ulteriori esercizi sulla progressione I-IV-IV

Esercizio 43: 1 5 3 corde 1 e 2

Esercizio 44: 1 5 3 corde 2 e 3

Esercizio 45: 3 5 1 corde 1 e 2

Esercizio 46: 3 5 1 corde 2 e 3

Esercizio 47: 3 1 5 corde 1 e 2

Esercizio 48: 3 1 5 corde 2 e 3

Esercizio 49: 5 3 1 corde 1 e 2

Esercizio 50: 5 3 1 corde 2 e 3

Esercizio 51: 5 1 3 corde 1 e 2

Esercizio 52: 5 1 3 corde 2 e 3

Dall’Esercizio 5 (primo rivolto, 3 5 1), altri dieci esercizi:

Esercizio 53: 3 1 5 corde 1 e 2

Esercizio 54: 3 1 5 corde 2 e 3

Esercizio 55: 5 1 3 corde 1 e 2

Esercizio 56: 5 1 3 corde 2 e 3

Esercizio 57: 5 3 1 corde 1 e 2

Esercizio 58: 5 3 1 corde 2 e 3

Esercizio 59: 1 5 3 corde 1 e 2

Esercizio 60: 1 5 3 corde 2 e 3

Esercizio 61: 1 3 5 corde 1 e 2

Esercizio 62: 1 3 5 corde 2 e 3

I-IV-I-V: voice leading

Torniamo ad occuparci della nostra prima progressione armonica: in precedenza abbiamo imparato a muovere i nostri frammenti melodici trasportandoli di una quarta e di una quinta, in modo da seguire il movimento delle toniche degli accordi. In molti brani blues si segue uno schema del genere: stabilita una frase, la si ripete trasportandola sul IV, poi si torna sul I ripetendo la frase iniziale e così via, seguendo tutto il giro armonico con lo stesso sistema.

Ora vogliamo occuparci di un procedimento armonico diverso: anziché muovere tutte le voci dell’accordo in modo parallelo, possiamo ridurne al minimo indispensabile il movimento. Ciò si realizza lasciando invariate le note che sono in comune tra un accordo, se ce ne sono, ed avendo cura di muovere le altre voci verso note contigue, con intervalli di tono o semitono, quando sia possibile. Questo modo di collegare gli accordi realizza la c.d. condotta delle voci o voice leading.

Anche i movimenti melodici possono procedere in modo simile: anziché trasportare semplicemente l’altezza di una frase, per seguire il movimento delle toniche degli accordi, possiamo modificarla, adattandola al cambiamento degli accordi. In tal modo, la linea melodica avrà un senso di continuità e di sviluppo, e fluirà naturalmente senza bruschi salti di altezza.

Vediamo allora di svolgere una nuova serie di esercizi, con i relativi rivolti e le loro permutazioni, ispirati a questo nuovo concetto.

Ancora una volta, utilizziamo il do mobile, trasportando per semitoni la nostra progressione (I-IV-I-V) , continuando a cantare come se restassimo nella tonalità di DO. Le permutazioni delle triadi vengono eseguite su due corde: in questo modo siamo obbligati ad osservare continuamente gli intervalli, che costituiscono la nostra unica guida, ed impariamo a muoverci orizzontalmente sulla tastiera.

Es. 63(a)

Es. 63(b)

Es. 64(a)

Es. 64(b)

Es. 65(a)

Es. 65(b)

Es. 66(a)

Es. 66(b)

Es. 67(a)

Es. 67(b)

Es. 68(a)

Es. 68(b)

Es. 69(a)

Es. 69(b)

Es. 70(a)

Es. 70(b)

Es. 71(a)

Es. 71(b)

Es. 72(a)

Es. 72(b)

Es. 73(a)

Es. 73(b)

Es. 74(a)

Es. 74(b)

Es. 75(a)

Es. 75(b)

Es. 76(a)

Es. 76(b)

Es. 77(a)

Es. 77(b)

Es. 78(a)

Es. 78(b)

Es. 79(a)

Es. 79(b)

Es. 80(a)

Es. 80(b)

I-IV-I-V: improvvisazione

Area di lavoro 1

Dopo aver svolto tanti (noiosi) esercizi sui rivolti delle triadi e le loro permutazioni, abbiamo una solida base per cominciare ad essere creativi ed improvvisare sulla nostra progressione armonica.

Area di lavoro di 6 tasti su prima e seconda corda

Prendiamo l’esercizio qui sopra e proviamo ad espanderlo dal punto di vista melodico: sempre utilizzando esclusivamente le note delle triadi, variamo liberamente l’ordine delle note, attingendo alle permutazioni che abbiamo studiato. Per ottenere un buon effetto musicale è opportuno variare la durata e il numero delle note, cercando delle variazioni ritmiche interessanti.

Nello swing le note collocate sul levare sono in genere accentate, con particolare enfasi sul levare del secondo e del quarto battito della misura di 4/4. Anche l’armonia viene spesso anticipata di un ottavo (talvolta anche di un quarto), sia nell’accompagnamento che nella parte melodica. In pratica, sul levare del 4 si suona già sull’accordo della battuta successiva.

Accompagnamento 1

Impro 1

Per abbellire la melodia possiamo aggiungere qualche nota di passaggio: ad esempio nella triade di C allo stato fondamentale do-mi-sol, possiamo inserire il re per congiungere la tonica con la terza; nel secondo rivolto di F, do-fa-la, aggiungiamo il sol; nel primo rivolto di G, ti-re-sol, sta bene il do per andare dalla terza alla quinta dell’accordo.

Impro 2

Area di lavoro 1b

Area di lavoro di 7 tasti su seconda e terza corda

Dobbiamo provare l’improvvisazione anche sulle corde 2 e 3 che, a differenza di tutte le altre coppie di corde, sono accordate a distanza di una terza maggiore. Per tale motivo, la nostra area di lavoro si amplia a 7 tasti. Come su prima e seconda corda, proviamo prima con le note delle triadi, per poi aggiungere alcune note di passaggio.

Accompagnamento 2

Impro 3

Impro 4

Area di lavoro 2

Area di lavoro di 8 tasti su prima e seconda corda

Accompagnamento 3

Nell’improvvisazione seguente ho iniziato usando esclusivamente le note delle triadi, poi ho aggiunto alcune note di passaggio, cercando sempre di risolvere su una delle note dell’accordo sottostante. Le note di passaggio possono essere diatoniche, ovvero appartenere alla scala relativa alla tonalità (DO maggiore in questo caso), oppure cromatiche (estranee alla scala). In questo esempio ho usato l’approccio cromatico più semplice: arrivare ad una nota dell’accordo da un semitono sotto o sopra.

Impro 5

Area di lavoro 2b

Area di lavoro di 8 tasti su seconda e terza corda

Impro 6

Area di lavoro 3

Area di lavoro di 6 tasti su prima e seconda corda

Accompagnamento 4

Impro 7

Area di lavoro 3b

Area di lavoro di 6 tasti su seconda e terza corda

Impro 8

In orizzontale su tutta la tastiera (corde 1 e 2)

Accompagnamento 4

Impro 9

In orizzontale su tutta la tastiera (corde 1 e 2, 2 e 3)

Accompagnamento 5

Impro 10

Combinazioni di triadi maggiori – Intro

Dopo aver sviscerato la progressione I-IV-I-V possiamo dire di avere una buona conoscenza delle triadi maggiori. Però abbiamo ancora (almeno) due grossi problemi: 1) sappiamo pensare soltanto in DO, anche se la natura della chitarra è tale che, solo cambiando il tasto di partenza, di fatto possiamo suonare in altre tonalità; 2) Con le triadi maggiori si possono creare molte progressioni delle quali non sappiamo, per il momento, nulla. Conosciamo soltanto due cadenze: I-IV e I-V (sono le più importanti, ma non le uniche).

Prendiamo allora in esame tutti gli altri modi in cui possiamo combinare due triadi maggiori, sempre partendo da DO (C) .

/ C / Bb /: I-VIIb

/ C / Eb /: I-IIIb

/ C / Ab /: I-VIb

/ C / Db /: I-IIb

/ C / Gb /: I-Vb

/ C / B /: I-VII

/ C / E /: I/III

/ C / A /: I-VI

/ C / D /: I- II

Nei capitoli che seguono, non ripeteremo tutti gli esercizi che abbiamo svolto sulla progressione I-IV-I-V, applicandoli a queste progressioni. Basterà eseguirne alcuni: avendo già acquisito i rivolti e le permutazioni delle triadi, siamo già in possesso dei pezzi del puzzle, dobbiamo solo imparare a collegarli in modi nuovi.

L’esercizio su queste nuove progressioni sarà un duro lavoro, che rafforzerà la nostra capacità di percepire le triadi, comunque rivoltate e combinate fra loro. Ci fornirà, inoltre, un’autentica familiarità con i nomi delle note che formano tutte le triadi maggiori. Sarà un passo decisivo per imparare a pensare non solo in DO, ma anche in qualsiasi altra tonalità, con la medesima confidenza.

Triadi a parti late

Le triadi che abbiamo visto finora, sono dette a parti strette. Le voci infatti sono disposte ad intervalli relativamente piccoli: terza maggiore e minore nello stato fondamentale, terza minore e quarta nel primo rivolto, quarta e terza maggiore nel secondo.

E’ possibile riarrangiare le triadi in modo che contengano intervalli più ampi. Proprio in relazione ad una maggiore distanza fra le note, si parla di triadi a parti late.

Per ottenere questa particolare disposizione delle voci, occorre alzare di un’ottava la seconda nota della triade (sempre dal basso verso l’alto), mentre le altre due note restano invariate.

Sulla chitarra, le triadi di questo tipo sono realizzabili con diverse combinazioni di corde e, quindi, con multiple diteggiature. Sopra ne riporto alcune, utili ad illustrare come si ricavano dalle triadi a parti strette. Negli esercizi che seguono, ne vedremo altre.

Per ora, useremo le triadi a parti late solo armonicamente (come accordi). Ciò per rimanere fedeli all’idea di suonare le nostre melodie in senso prevalentemente orizzontale, lungo le corde. Suonare le triadi late in tal modo non è pratico. In seguito, potremo utilizzarle anche melodicamente: ci aiuteranno ad imparare la tastiera in senso verticale, suonando attraverso le corde.

I-VIIb

Come abbiamo visto in precedenza, riferendoci ai rivolti degli intervalli, salire di una settima minore equivale a scendere di una seconda maggiore, ovvero di un tono (due semitoni).

Realizzare tale collegamento di triadi è semplicissimo: ci basta spostare due tasti sotto il nostro accordo di DO maggiore (C) per ottenere il Bb, come nei seguenti esercizi. Tutte le voci del primo accordo si spostano parallelamente, scendendo di un tono per creare il secondo.

Quindi DO MI SOL un tono sotto diventa TE (SIb) RE FA.

Il primo rivolto, MI SOL DO, diventa RE FA TE.

Il secondo, SOL DO MI, diventa FA TE RE.

Ecco alcuni esempi, che utilizzano anche le permutazioni delle due triadi. Ho registrato gli esercizi trasportandoli per semitoni, cantando con la tecnica del do mobile. In questo modo, memorizziamo il suono delle due triadi a distanza di un tono e le realizziamo osservando gli intervalli tra una nota e l’altra.

Avvertenza: per individuare i rivolti utilizzati di volta in volta in modo melodico, con le relative permutazioni, si osservi il secondo rigo degli esercizi che seguono. Ad esempio, nell’Es. 81, al secondo rigo troviamo un primo rivolto, MI SOL DO, che viene permutato: si inizia con il DO per scendere al MI sottostante e poi risalire al SOL. Negli esercizi seguenti, fino al N. 86, si continua ad usare in modo melodico il primo rivolto, utilizzandone altre permutazioni.

Nel primo rigo, sono invece indicati gli accordi che armonizzano la prima nota di ogni battuta del rigo sottostante. A seconda delle permutazioni utilizzate nella linea melodica, i rivolti saranno diversi.

Es. 81(a)

Es. 81(b)

Es. 82(a)

Es. 82(b)

Es. 83

Es. 84

Es. 85

Es. 86

Negli esercizi appena svolti si realizza, nel collegamento dei due accordi, un movimento perfettamente parallelo delle voci (tutte scendono di un tono).

Tuttavia, possiamo anche collegare il primo rivolto di C con il secondo rivolto di Bb, come avviene negli esercizi che seguono: a MI SOL DO facciamo seguire FA TE (SIB) RE.

In questo modo, le voci dell’ accordo si spostano rispettivamente di un semitono (MI FA), di una terza minore (SOL TE), di un tono (DO RE). La cosa più interessante è che in questo caso salgono, quindi si realizza un moto contrario rispetto al movimento delle toniche (DO TE). Immaginiamo di suonare i nostri accordi in questo modo con la chitarra, mentre il basso suona le toniche. Noi saliamo, lui scende.

Es. 87

Es. 88

Es. 89

Es. 90

Es. 91

Es. 92

Collegando due triadi al secondo rivolto, ritorniamo a muovere le voci in modo parallelo, seguendo il movimento discendente delle toniche: SOL DO MI diventa semplicemente FA TE RE.

Es. 93

Es. 94

Es.95

Es. 96

Es. 97

Es. 98

Proviamo ora a collegare melodicamente il secondo rivolto di C con Bb allo stato fondamentale: SOL DO MI (C) con TE RE FA (Bb), sempre riferendoci al secondo rigo degli esercizi. Anche in questo caso, sentiamo che il secondo accordo sale rispetto al primo, ma allo stesso tempo percepiamo il movimento discendente delle toniche.

Es. 99

Es. 100

Es. 101

Es. 102

Concludiamo collegando melodicamente il C primo rivolto con il Bb secondo rivolto: MI SOL DO (C) con FA TE RE (Bb), guardare il secondo rigo degli esercizi. Stavolta ci limitiamo ad una sola permutazione su due set di corde, per non rendere interminabile questo capitolo.

Ancora una volta, sentiamo che il secondo accordo sale rispetto al primo, ma allo stesso tempo percepiamo il movimento discendente delle toniche.

Es. 103

Es. 104

I-IIIb

Nella serie di esercizi che seguono, spostiamo la nostra triade maggiore di una terza minore sopra (tre tasti della chitarra=tre semitoni). Trasportando la triade, realizziamo un movimento parallelo delle voci (che si spostano tutte di una terza minore).

Ho scelto di realizzare una figura di 4/4, imitando lo stile walking bass, ripetendo una delle note della triade. Per non dilungarmi troppo, ho evitato di eseguire tutte le permutazioni possibili, limitandomi a semplici arpeggi ascendenti o discendenti.

DO MI SOL, trasportato tre semitoni più su, diventa ME (MIb) SOL TE (SIb);

MI SOL DO diventa SOL TE ME;

SOL DO MI diventa TE ME SOL;

Nota ritmica: da ora in poi il metronomo non marca più il secondo e il quarto battito della misura di 4/4 . Una volta che si sono interiorizzati gli accenti sul 2 e sul 4 (il c.d. backbeat), si può iniziare a suonare con il metronomo che suona in corrispondenza del levare di ognuno dei tempi della misura. In tal modo, oltre ad affinare la precisione del nostro timing, impararemo a sentire meglio gli accenti caratteristici della musica che amiamo.

Occorre molta pazienza per imparare a suonare con il metronomo che scandisce il levare anzichè il battere: dovremo evitare di accelerare subito leggermente, ricollocando il metronomo sul battere. Si tratta di una tendenza naturale, in quanto nella nostra cultura musicale gli accenti cadono sul battere, come nel tempo di marcia. Oggi il jazz è diventato un linguaggio universale, ma affonda le sue radici nella cultura afroamericana, nella quale il levare è ben più enfatizzato del battere (un esempio).

Es. 105

Es. 106

Es. 107

Combinando fra loro i rivolti delle triadi, possiamo ridurre il movimento delle voci al minimo possibile. A parte il SOL, che è un tono comune alle due triadi e resta fermo, le altre due voci scendono di un semitono e di un tono. L’effetto pertanto è quello di un accordo che scende, a dispetto del movimento ascendente delle toniche.

Es. 108

Es. 109

Es. 110

Gli esercizi appena svolti, dobbiamo applicarli, come al solito, anche al set di corde seconda e terza, in quanto gli intervalli da eseguire su queste due corde si presentano diversamente sulla tastiera, a causa dell’accordatura della chitarra.

Es. 111

Es. 112

Es. 113

Es. 114

Es. 115

Es. 116

I-VIb

Movimenti paralleli sul set 2a e 3a corda

Per realizzare un intervallo intervallo di sesta minore ascendente dobbiamo spostarci di ben quattro toni: lungo una corda della chitarra sono ben otto tasti. Esiste tuttavia, un’altra possibilità: secondo la regola del 9, rivoltando un intervallo di sesta minore, si ottiene una terza maggiore.

Per realizzare la progressione C/Ab (I-VIb) possiamo quindi spostare la nostra triade di una terza maggiore sotto (quattro tasti della chitarra=due toni).

Trasportando la triade, realizziamo un movimento parallelo delle voci (che scendono tutte di una terza maggiore):

DO MI SOL, trasportato due toni sotto, diventa LE (LAb) DO ME (MIb);

MI SOL DO diventa DO ME LE;

SOL DO MI diventa ME LE DO;

Es. 117

Es. 118

Es. 119 Nota: suonando entrambe le triadi su due corde, ho avuto difficoltà a trasportare l’esercizio per semitoni: i continui movimenti orizzontali, anche piuttosto ampi, sulla tastiera, fanno facilmente perdere l’orientamento. E’ una vera propria sfida mentale e tecnica, che può insegnarci molto.

Per una via più semplice, si possono suonare le triadi sempre in orizzontale, ma su due set di corde adiacenti (ad es. su seconda e terza corda la prima triade, su terza e quarta corda la seconda).

Voice leading

Combinando i rivolti delle due triadi, in modo da realizzare il passaggio da un accordo all’altro con il minimo movimento possibile delle voci, realizziamo gli esercizi seguenti, nei quali possiamo notare la vicinanza delle due triadi maggiori C e Ab. Per passare da C a Ab, è sufficiente, mantenendo ferma la nota in comune (DO), muovere le altre due note (MI e SOL) di un semitono (rispettivamente sotto e sopra).

Es. 120

Es. 121

Es. 122 Nota: (vale anche per tutti gli esercizi precedenti) quando si fanno molti movimenti orizzontali sulla tastiera, ci si può trovare a suonare, inconsapevolmente, in modo staccato. Questo perché suonare legato, riducendo al minimo possibile le pause tra una nota e l’altra, risulta più difficile. Inoltre, cercando di seguire il metronomo, si può commettere l’errore di suonare semplicemente degli ottavi sul battere, tacendo in corrispondenza del tic del metronomo.

In questo esercizio ho prestato attenzione a questo aspetto. Prometto di continuare a farlo, in quanto è una buona abitudine da prendere.

Movimenti paralleli sul set 1a e 2a corda

Es. 123

Es. 124

Es. 125

Voice leading

Es. 126

Es. 127

Es. 128

I-IIb

Movimenti paralleli

Passare da una triade maggiore a quella situata un semitono sopra è quanto di più facile si possa immaginare, almeno sulla chitarra: basta spostarsi su di un tasto.

DO MI SOL diventa RA (REb) FA LE (LAb);

MI SOL DO diventa FA LE RA;

SOL DO MI diventa LE RA FA;

Diversamente da quanto abbiamo visto nelle altre progressioni armoniche che abbiamo esaminato, i movimenti paralleli sono anche quelli che realizzano il minimo movimento delle voci (tutte si muovono di un semitono).

Negli esercizi sottostanti il metronomo marca il levare del 4 e del 2 di ogni battuta. Non dovrebbe essere difficile seguirlo a questo punto.

Es. 129

Es. 130

Es. 131

Toniche che salgono, accordi che scendono

Nei movimenti paralleli tutte le voci salgono simultaneamente. Alternando la prima triade (C) allo stato fondamentale con la seconda (Db) al secondo rivolto, possiamo invece fare scendere le voci.

Es. 132

Oppure possiamo prendere la prima triade (C) al secondo rivolto e la seconda (Db) allo stato fondamentale.

Es. 133

Infine, la prima triade (C) al primo rivolto e la seconda (Db) allo stato fondamentale.

Es. 134

Non occorre precisare che, ovviamente, le possibilità melodiche si ampliano notevolmente con l’uso di tutte le possibili permutazioni, che ho omesso per brevità. Quando andremo ad utilizzare questi materiali nell’improvvisazione, dovremo invece farne uso per ottenere la massima varietà.

Esercizi sul set di corde 2a e 3a

Continuiamo con una variazione degli esercizi, che combina il movimento parallelo delle voci con quello contrario al movimento delle toniche, da eseguire sul set di seconda e terza corda.

Es. 135

Es. 136 Nota: le triadi maggiori a parti late in questo esercizio sono eseguite con una diteggiatura differente dal solito. La mano deve allargarsi un po’, ma rimane nell’area in cui si eseguono le note singole.

Es. 137

I-Vb

Diabolus in musica: quinta diminuita

Passiamo ora ad esercitarci su due triadi maggiori collocate a distanza di un intervallo di tritono (3 toni). Tale intervallo divide l’ottava in due parti uguali, per cui il rivolto di una quinta diminuita è un’altra quinta diminuita.

Il suono particolare di questo intervallo, difficile da intonare e dissonante, nella musica medioevale era considerato da evitare (proprio come il diavolo). Nellla musica contemporanea e nel Jazz, invece, è largamente usato per il suo effetto drammatico. La quinta diminuita è una delle blue notes, insieme alla terza minore sopra ad un’accordo maggiore.

I nostri esercizi cominciano, ancora una volta, dai c.d. movimenti paralleli, realizzati senza cambiare rivolto. Volendo realizzare tali movimenti in senso longitudinale sulla tastiera, occorre spostare l’accordo di partenza di ben sei tasti, verso il basso o verso l’alto.

Tuttavia, ho preferito suonare le due triadi cambiando set di corde, realizzando successivamente lo spostamento più ampio. Ciò consente di abituare l’orecchio alla nuova sonorità dell’intervallo, senza perdere l’orientamento nelle continue trasposizioni (per semitoni) del cambio di accordo.

DO MI SOL diventa SE (SOLb), TE (SIb), RA (REb);

MI SOL DO diventa TE RA SE;

SOL DO MI diventa RA SE TE.

Es. 138

Es. 139

Es. 140

Voice leading

Es.141

Es. 142

Es. 143

Set seconda e terza corda

Ancora una volta, faticosamente, dobbiamo occuparci di un altro set di corde, visto che la particolare accordatura della chitarra prevede una terza maggiore fra le corde terza e seconda. Come abbiamo fatto prima, realizziamo lo spostamento di una quinta diminuita passando ad un altro set di corde (terza e quarta); poi, l’ampio spostamento in orizzontale, restando sul set seconda e terza corda.

Es. 144

Es. 145

Es. 146

Es.147

Es. 148

Es. 149

Altre combinazioni di triadi – Pentatoniche maggiori

Dobbiamo ancora proseguire nell’esplorare le combinazioni di triadi maggiori, visto che non abbiamo ancora esaurito la lista a suo tempo stilata nell’introduzione a questo argomento. In particolare, mancano ancora le seguenti:

1) / C / B /: I-VII

2) / C / E /: I/III

3) / C / A /: I-VI

4) / C / D /: I- II

Va detto che queste progressioni ci risulteranno in qualche modo familiari, in quanto le abbiamo in sostanza già trattate, sia pure ‘rivoltate’. La 1) è costituita da due triadi maggiori a distanza di semitono, come la progressione I-IIb (DO/REb).

La 2) è costituita da una coppia di triadi che si trovano a due toni di distanza, proprio come la progressione I-VIb (C/Ab).

La 3) è una coppia di triadi a distanza di un tono e mezzo, come la progressione I-IIIb (C/Eb).

La 4) una coppia di triadi a distanza di un tono, come la progressione I-VIIb (C/Bb).

Visto che il nostro studio si è già dilungato parecchio, perchè allora non tralasciare questa parte? Per due motivi 1) il nostro orecchio è già preparato a percepire queste combinazioni di triadi, ma dobbiamo completare lo studio dei nomi delle triadi in tutte le tonalità, conoscenza essenziale per qualsiasi strumentista. Il Do mobile costituisce la base del nostro orecchio relativo, tuttavia, se vogliamo suonare con altri musicisti, siamo tenuti a sapere in quale tonalità stiamo suonando. La musica è una successione di intervalli, tuttavia stabilire da quale altezza assoluta si parte è obbligatorio.

2) Inoltre, possiamo approfittare dell’occasione per introdurre un nuovo argomento, le scale pentatoniche maggiori, che possono essere viste come un ampliamento delle triadi.

I-VII

Pentatoniche maggiori

La triade maggiore è costituita dalla prima, terza e quinta nota della scala maggiore omonima. Possiamo espandere la triade, dal punto di vista melodico, aggiungendo altre due note. Colleghiamo la tonica e la terza, inserendo una nota di passaggio: la seconda.

DO MI SOL – DO RE MI SOL

Poi, tra la quinta e la tonica dell’ottava superiore, inseriamo la sesta:

SOL DO – SOL LA DO

In tal modo,abbiamo costruito una scala usatissima nella musica popolare, nel blues e nel jazz. Dato che ha cinque suoni ed è strettamente connessa con la triade maggiore, è una scala pentatonica maggiore:

DO RE MI SOL LA (DO)

Questa scala viene spesso utilizzata per comporre una melodia, o per improvvisare, su una progressione armonica di due o più accordi.

Questo utilizzo di un’unica scala su più accordi, possiamo definirlo orizzontale. Può essere molto efficace, ma solo a patto che si abbia una chiara comprensione della relazione tra i diversi accordi della progressione e la scala che si intende utilizzare. Diversamente, i risultati di questo approccio risulteranno blandi ed approssimativi.

Preferiamo quindi iniziare il nostro studio delle pentatoniche con un approccio diverso: interiorizziamo semplicemente il suono della scala in relazione ad una triade. Triade di C – pentatonica maggiore di DO. Triade di B – pentatonica maggiore di SI.

Solo una volta che saremo completamente padroni di questa semplice relazione, potremo facilmente studiare e comprendere tutti gli altri usi possibili delle pentatoniche, nelle situazioni armoniche più varie.

I-VII

Negli esercizi che seguono, colleghiamo ancora due triadi, che si trovano a distanza di un semitono. Lo avevamo già fatto, studiando la progressione I-IIb (C/Db). In quel caso, dalla tonica del primo accordo, si saliva di un semitono; ora, invece si scende di un semitono (C/B).

Si noti che C-Db è un intervallo di seconda minore ascendente, mentre C-B è una seconda minore discendente ma, per la teoria dei rivolti, è anche una settima maggiore ascendente. Quindi possiamo dire che C/B è un esempio di progressione I-VII. Infatti quando si utilizzano i numeri romani per indicare una progressione armonica, stabilito qual’è il I, gli altri gradi si calcolano sempre come intervalli ascendenti.

Stavolta, accanto alle triadi maggiori, utilizziamo anche le pentatoniche per ampliare il materiale melodico a nostra disposizione.

Alla triade DO MI SOL seguirà: TI RI FI , (SI RE# FA#).

Alla pentatonica DO RE MI SOL LA seguirà = TI DI RI FI SI, (ovvero SI DO# RE# FA# SOL#).

MI SOL DO, primo rivolto della triade maggiore di C, diventerà RI FI TI (RE# FA# SI)

MI SOL LA DO RE, pentatonica maggiore di DO a partire dalla terza, diventerà RI FI SI TI DI (RE# Fa# SOL# SI DO#

SOL DO MI, secondo rivolto di C, diventerà FI TI RI (FA# SI RE#)

SOL LA DO RE MI, pentatonica maggiore di C a partire dalla quinta, diventerà FI SI TI DI RI (FA# SOL# SI DO# RE#)

Accordo maggiore 6, 6/9

La pentatonica maggiore, come abbiamo detto, può essere vista come un’estensione della triade maggiore. Quindi, se il pianista o il chitarrista suonano una triade maggiore, il solista potrà suonare una pentatonica maggiore e risulterà una scelta adeguata, specialmente se concluderà le sue frasi su una delle note della triade.

D’altra parte, soffermandosi invece sulla sesta o sulla seconda, potrà comunque ottenere un effetto gradevole, anche se leggermente diverso. Sostenendo a lungo, o concludendo un motivo con una delle due note che non fanno parte della triade maggiore, otterrà il risultato di creare un nuovo accordo, che costituisce un’estensione della triade maggiore. Sarà compito dell’accompagnatore seguire il solista, aggiungendo eventualmente alle triadi le opportune estensioni.

L’accordo maggiore 6 è una triade maggiore con l’aggiunta della sesta, quindi è formato da quattro note. Nella pratica, si può anche omettere la quinta e ridurlo a tre note: la sonorità non cambia sostanzialmente.

DO MI SOL LA oppure DO MI LA

L’accordo maggiore 6/9 è formato invece dalla triade maggiore con l’aggiunta della sesta e della nona (seconda un’ottava sopra). Teoricamente è un accordo di cinque note ma, per facilitare l’esecuzione, spesso si omette la quinta.

DO MI SOL LA RE oppure DO MI LA RE

Talvolta, si può perfino omettere la terza, lasciando invece la quinta.

LA RE SOL DO

In quest’ultimo caso, l’accordo diventa ambiguo. Maggiore? Minore? Saranno il contesto armonico e la scelta delle note effettuata dall’improvvisatore a fornirci la risposta (vedi in seguito, Es. 153).

Ottavi ‘Jazz’ e ottavi ‘dritti’

Tutti gli esercizi svolti finora sulle triadi sono esclusivamente composti da note da 1/4 (o più). Li abbiamo eseguiti pensando di suonare su un’immaginaria sezione ritmica: i quarti sono proprio la figura ritmica utilizzata prevalentemente da un bassista che esegue una classica linea di walkin’ bass.

Nei seguenti esercizi, invece, mentre il metronomo continua a marcare il levare del 2 e del 4, cominciamo introdurre gli ottavi.

Per spiegare il modo in cui gli ottavi vengono suonati nel jazz, generalmente si dice che ogni quarto della misura viene suddiviso in due note che hanno una durata diseguale: il primo ‘ottavo’ durerebbe quanto la somma delle prime due note di una terzina di ottavi, il secondo ‘ottavo’ quanto la terza nota della terzina. Abbiamo scritto gli ottavi tra virgolette: nella scrittura, infatti, si usa notarli come tali, però l’esecuzione corrisponde ad una figura ritmica diversa.

La spiegazione appena fornita è in realtà solo approssimativa, in quanto il modo di eseguire gli ottavi varia a seconda dello stile (dixieland, swing, bebop, hardbop) e dell’esecutore. Un altro fattore che, generalmente, influenza il modo di esecuzione degli ottavi è il tempo più meno veloce.

In altre parole, pure in un contesto swing, gli ottavi possono essere ‘terzinati’ in misura variabile, e perfino diventare straight=eguali (o quasi). Negli esercizi che seguono abbiamo eseguito gli ottavi sia terzinati, sia ‘dritti’ o quasi, come nei N. 154, 155, 157, 158, 159, 160.

Esercitarsi con su quest’aspetto, sempre seguendo il metronomo, può risultare faticoso e anche disorientarci un poco. E’ comunque molto istruttivo, perché ci consente di sperimentare il grande effetto che può essere prodotto da piccole variazioni ritmiche.

Set prima e seconda corda

Es. 150 Si noti l’uso della quinta al canto nei voicings degli accordi di 6/9, mentre la tonica (che sarebbe al basso) è stata omessa per facilitare l’esecuzione.

Es. 151

Es. 152 Qui gli accordi di 6/9 presentano la tonica al canto, mentre la terza è stata omessa, sempre per facilitare l’esecuzione riducendo l’accordo a sole 4 note. In effetti, viene usato lo stesso cluster dell’esercizio 150 per far cantare la tonica anziché la quinta.

Es. 153 Lo stesso cluster di quattro note per far cantare prima la quinta, poi la tonica dell’accordo di 6/9.

Es. 154

Es. 155

Set seconda e terza corda

Es. 156

Es. 157

Es. 158

Es. 159

Es. 160

Es. 161

I-III

Ci occupiamo ora di una progressione che prevede due triadi maggiori ad una terza maggiore (due toni) di distanza. Una situazione che non ci è del tutto nuova.

Possiamo rendercene conto, ritornando al nostro studio della progressione I-VIb (C/Ab). Da DO a LAb, abbiamo un intervallo di sesta minore ascendente, il cui rivolto è una terza maggiore discendente (due toni a scendere).

Non è difficile comprendere che, se avessimo invertito la progressione, considerando il Ab come I, il C sarebbe risultato come III. Ab/C= I-III

E’ proprio questa progressione che prendiamo in esame ora, facendola però iniziare dal DO (C/E, I-III).

Ne vale la pena, perchè potremo incontrare tale progressione nei brani. Inoltre, ci servirà per familiarizzare con la triade di MI maggiore e la relativa pentatonica. Certamente, conosciamo già tali strutture in termini di intervalli, ma dobbiamo abituarci a una nuova nomenclatura delle note.

Esercizi set prima e seconda corda

Es. 162

Es. 163

Es. 164

Es. 165

Es. 166 – Nota: qui ho staccato il tempo avanti rispetto al metronomo, che nelle mie intenzioni doveva risultare sul levare del 2 e 4. Riascoltando l’esercizio, mi sono reso conto che il metronomo suona, di fatto, sull’1 e sul 3 per tutto l’esercizio.

L’effetto non era voluto, ma offre l’occasione di riflettere sul tempo e sul ritmo prodotto dagli umani, in contrapposizione a quello delle macchine.

Mentre il metronomo è sempre perfetto e di per sé sterile, il nostro modo di stare sul tempo può essere centrato, leggermente avanti, o leggermente indietro.

Suonare leggermente in anticipo o, al contrario, lievemente in ritardo rispetto ad altri componenti del gruppo con cui suoniamo, può creare un particolare effetto, che accresce sottilmente l’interesse della musica (ovviamente, se esageriamo andiamo senz’altro fuori tempo, condizione certamente indesiderata a noi ed ai nostri partners musicali).

Considerando anche la possibilità di rendere più o meno marcata la terzina dello swing, si comprende come le variazioni ritmiche a disposizione dei musicisti che interagiscono fra loro improvvisando, siano virtualmente infinite.

Es. 167 – Nota: il metronomo suona sull’1 e sul 3 anche in questo esercizio. Cfr. con gli esercizi seguenti, nei quali il metronomo torna sul levare del 2 e del 4.

Set seconda e terza corda

Es. 168

Es. 169

Es. 170

Es. 171

Es. 172

Es. 173

I-VI

Il nostro studio prosegue con una progressione I-VI: due triadi maggiori separate da una sesta maggiore ascendente, ovvero da ben quattro toni e mezzo. D’altra parte, se per salire dal DO al LA dobbiamo spostarci di nove tasti lungo una singola corda, possiamo anche rivoltare l’intervallo e, più comodamente, dal DO scendere di una terza minore (tre tasti), per ritrovarci sul LA dell’ottava sottostante.

Ancora una volta, questa progressione potrebbe non risultarci completamente nuova. Forse perchè abbiamo già studiato la progressione I-IIIb (C/Eb): anche quella prevede due triadi a una distanza di terza minore.

Ad ogni modo, studiamo anche C/A. Ha un effetto diverso, perchè l’ordine delle triadi è invertito rispetto a A/C (che sarebbe la trasposizione di C/Eb una sesta maggiore sopra). Inoltre, impareremo le note della triade di A e dei suoi rivolti: il penultimo passo per conoscere a menadito la nomenclatura delle triadi maggiori in 12 tonalità.

Es.174

Es. 175

Es. 176

Es. 177

Es.178

Es. 179

Es. 180

Es. 181

Es. 182

Es. 183

Es.184

Es. 185

I-II

Sappiamo che l’ottava è suddivisa in dodici semitoni. A partire da ciascuno dei suoni della scala cromatica, possiamo costruire dodici triadi maggiori. Di queste, ne abbiamo finora esaminato undici, studiandone tutte le possibili combinazioni con la triade di C.

Prendiamo ora in esame la progressione I-II che, declinata a partire da C, diventa C/D: ecco quindi la dodicesima triade del nostro studio.

Ancora una volta, questa progressione potrebbe non risultarci completamente nuova: assomiglia alla progressione I-VIIb, che a sua volta prevede due triadi a una distanza di un tono. In effetti C/D equivale a C/Bb rivoltata e trasportata un tono sopra.

Con quest’ultimo capitolo, avremo raggiunto un importante traguardo: la conoscenza di tutte le possibili combinazioni di due triadi maggiori, insieme alla nomenclatura delle triadi maggiori in 12 tonalità.

Si può però osservare che, dal punto di vista puramente nominale, le triadi maggiori (e le tonalità) sono più di dodici, per il fenomeno dell’enarmonia, ovvero dei multipli nomi che possono essere assegnati agli stessi suoni. Ce ne occuperemo successivamente.

Set prima e seconda corda

Es. 186

Es. 187

Es. 188

Es. 189

Es. 190

Es. 191

Set seconda e terza corda

Es. 192

Es. 193

Es. 194

Es. 195

Es. 196

Es. 197

Triadi maggiori: riepilogo e applicazione

Riepilogo voicings

A questo punto, è opportuno riepilogare i c.d. voicings degli accordi maggiori (triadi), che abbiamo già visto e praticato negli esercizi precedenti. Le triadi a parti strette possono essere eseguite su quattro set di corde adiacenti: 1a 2a 3a – 2a 3a 4a – 3a 4a 5a – 4a 5a 6a. Omettiamo di riportare l’ultimo set di corde, perché le forme corrispondono a quelle dei due set precedenti.

Le triadi ‘a parti late’ possano invece assumere molteplici diteggiature, a seconda che si scelga di costruirle sui tre set di corde adiacenti 1a 2a 3a – 2a 3a 5a – 3a 4a 6a, oppure sui due set 1a 3a 5a e 2a 4a 6a, nei quali si saltano le corde intermedie (vedi sotto).

Oltre a questi due tipi di disposizione delle voci della triade, ne esistono comunque altre: si può infatti, partendo da una triade a parti strette, spostare di un’ottava (o più) la nota più acuta, oppure la più grave.

Tra queste ulteriori possibiltà, ne abbiamo scelta una soltanto, che risulta pratica da eseguire sulla chitarra ed è relativamente comune.

Ancora una volta, la molteplicità delle possibilità armoniche, combinata con la natura complessa della chitarra, rischia di confonderci.

Tuttavia, nelle tre tabelle sottostanti troviamo pressoché tutte le disposizioni delle triadi di uso pratico. A tale sintesi si arriva costruendo gli accordi dall’alto verso il basso; ovvero chiedendosi: – data una nota al canto, in quanti modi si può armonizzarla con un accordo di un certo tipo (una triade maggiore in questo caso)? –

Note al canto sulla prima corda

Note al canto sulla seconda corda

Note al canto sulla terza corda

Mischiamo le carte: una progressione di 12 triadi

Dopo tutti gli esercizi svolti in precedenza dovremmo essere ormai dei maestri delle triadi maggiori! Ho però il sospetto che ci sia ancora un pò di strada da percorrere. Per verificarlo, proviamo a inventarci una progressione che contenga tutte e 12 le triadi, disposte in modo del tutto casuale.

Da un cartoncino, ritagliamo dodici quadratini, uno per ciascun accordo maggiore. Mescoliamo il mazzo e lasciamo al caso di suggerirci una progressione:

F / A / G / B /

E / Ab / Gb / Bb /

Db / C / Eb / D /

Gb / = / = / = //

Notiamo che, inaspettatamente, la seconda riga riproduce la stessa sequenza della prima, trasportata un semitono sotto. Seguono gli ultimi quattro accordi dei dodici (terza riga).

Ci siamo, infine, presi la licenza di aggiungere quattro battute che ripetono uno degli accordi (Gb), giusto perché sedici battute sono un formato leggermente più usuale per un pezzo, ed anche perché tutti quegli accordi maggiori in continuo movimento sembrano richiedere una risoluzione su un accordo finale.

Su questa progressione, proviamo ora un esercizio di voice leading, che consiste nel collegare tutti gli accordi della progressione realizzando il minimo movimento combinato delle voci. Con quest’ultimo termine si intende la somma dei toni e semitoni necessari a passare da un accordo all’altro, ridotta al minimo possibile.

Moto congiunto versus disgiunto

Iniziamo utilizzando le triadi ‘a parti strette’, da un F primo rivolto. Scegliamo un tempo lento e cantiamo con i nomi reali delle note (non con il do mobile, che non avrebbe molto senso in una progressione del genere).

Es. 198 – Nota: le triadi vengono eseguite su tre corde come accordi arpeggiati, poi su due corde a note singole.

Risuoniamo la progressione, utilizzando gli stessi rivolti, con la nota più bassa portata un’ottava sotto (questa tipo di voicings non sono l’ideale quando si suona con un bassista, ma possono risultare utili in altre situazioni musicali).

Es. 199

Ora partiamo con la triade di F allo stato fondamentale.

Es. 200

Stesso esercizio, portando le note più basse dei rivolti un’ottava sotto.

Es. 201

Ora, dalla triade di F secondo rivolto.

Es. 202

Ancora, dagli stessi rivolti, allarghiamo le voci portando le note più basse un’ottava sotto.

Es. 203 – Nota: nel Jazz delle origini gli accordi erano semplici e nell’improvvisazione si faceva ampio uso delle triadi. Qui, nel primo giro ci atteniamo all’esercizio, poi utilizziamo la parte superiore degli accordi per creare una semplice melodia.

Ora, le triadi a parti late, iniziando con la tonica della triade di F al canto.

Es. 204 – Nota: l’improvvisazione utilizza esclusivamente le note delle triadi, a parte le ultime 4 battute (Gb), risolte con una pentatonica. La difficoltà maggiore per me è cantare i nomi delle note, che a volte sbaglio.

Triadi a parti late, con la quinta della triade di F al canto.

Es. 205

Infine, a parti late iniziando con la terza di F al canto.

Es. 206

Con l’ultimo esercizio concludo lo studio delle triadi maggiori, almeno per ora. Dovrò occuparmi di altri tre tipi di triadi: minori, diminuite ed aumentate, un sacco di lavoro da fare!

D’altra parte, se la conoscenza delle triadi è indispensabile, gli accordi dell’armonia jazz sono più complessi e prevedono l’utilizzo di quattro (o più) note. Iniziamo allora ad espandere l’accordo maggiore, trasformandolo in un accordo di settima.

Dalle triadi maggiori agli accordi di settima (dominante)

Basta aggiungere una nota!

Aver dedicato tanto lavoro alle triadi, ci pone in una situazione ideale per imparare rapidamente gli accordi più complessi.

Come sappiamo, gli accordi sono tradizionalmente costruiti sovrapponendo le note per terze. Se ad una triade sovrapponiamo un ulteriore intervallo di terza, otteniamo un accordo di quattro note. Tale accordo è detto di settima, in quanto, calcolando la distanza di ognuna delle note rispetto alla fondamentale, otteniamo i seguenti intervalli: fondamentale (o tonica), terza, quinta, settima.

L’accordo di settima che intendiamo studiare per primo è il c.d. accordo di dominante, che è un accordo maggiore con la settima minore.

DO MI SOL (triade maggiore) + SIb (settima minore di DO), equivale a C7

In teoria possiamo aggiungere la settima di dominante a qualunque triade maggiore, comunque rivoltata e con qualsiasi disposizione delle voci. Bisogna però fare i conti con i limiti del nostro strumento: è facile rendersi conto che alcune disposizioni delle voci, realizzabili con estrema facilità con il pianoforte, sono fisicamente impraticabili sulla chitarra (a meno di togliere una nota, utilizzare corde a vuoto quando sia possibile, o ricorrere al c.d. tapping).

Un accordo impossibile

Altre sono possibili per chi ha una grande estensione della mano, ma solo in determinate aree della tastiera e quindi non in tutte le tonalità.

Accordi problematici per la chitarra

Comunque, la nostra acquisita familiarità con le triadi maggiori (e con i vari modi di disporne le voci), ci consente di comprendere e trovare facilmente tutti gli accordi di settima di dominante realizzabili sul nostro strumento: basta aggiungere una nota!

Esercizi

In questa sezione pratichiamo tutti gli accordi di settima dominante più comuni, ricavabili dall’aggiunta di una nota alle triadi maggiori, nelle varie disposizioni delle voci che abbiamo studiato in precedenza.

L’accordo di settima viene praticato su quattro corde (come accordo arpeggiato), poi viene esposto melodicamente, permutandolo in modo da ricavare una linea melodica che resti nell’ambito dell’ottava, agevolmente suonabile su due corde adiacenti.

Gli esercizi vengono ripetuti trasportandoli cromaticamente, provando adesso a cantare con i c.d. nomi reali delle note. Abbiamo ormai imparato ad osservare gli intervalli tra le note e sappiamo distinguerne la funzione armonica rispetto all’accordo (tonica, terza, quinta e settima), anche senza cantare in DO (do mobile).

Val la pena di imparare a cantare in tutte le tonalità in quanto, se il do mobile aiuta a sviluppare l’orecchio relativo, qualunque strumentista deve essere anche consapevole dell’altezza assoluta dei suoni che produce, ovvero della tonalità in cui sta suonando. Raggiungere la stessa confidenza con tutte le tonalità è quindi un obiettivo da raggiungere con la pratica costante

Considerare le note mobili resta comunque utile: si può anche prendere una specifica tonalità (magari proprio quella che ci risulta più ostica) ed esercitarsi a muoverla cromaticamente, come abbiamo fatto con il do. Ad esempio, potremo cantare con il sol bemolle mobile o con il re bemolle mobile qualsiasi accordo o melodia, traendone sicuramente beneficio.

Es 207 – Nota: nella triade di Gb, la settima minore è FAb, che nell’esercizio ho cantato con la sillafa fe. Nella triade di Db, la settima minore è DOb, reso con la sillaba de.

Anche se questi suoni materialmente coincidono con il MI e SI naturali, è meglio evitare di pensarli come tali, per non perdere di vista la loro funzione di settime di dominante: SOLb-MI=sesta aumentata, SOLb-FAb=settima minore (idem per il SI rispetto al REb).

Es. 208

Es. 209 – Nota: ho iniziato dalla triade di SOL.

Es. 210 – Nota: ho iniziato dalla triade di LAb.

Es. 211

Es. 212 – Nota: ho iniziato dalla triade di SOL, per poter scendere attraverso tutte le tonalità, per poi risalire.

Es. 213 – Nota: ho iniziato dalla triade di B.

Es. 214

Es. 215 – Nota: ho iniziato dalla triade di Eb.

Es. 216 – Nota: ho iniziato dalla triade di G.

Es. 217 – Nota: ho iniziato dalla triade di A.

Es. 218

Es. 219 – Nota: ho iniziato dalla triade di Eb.

Es. 220 – Nota: Ho iniziato dalla triade di G.

Es. 221 Nota: ho iniziato dalla triade di A, anche se canto erroneamente MI DI SOL, anziché MI DI LA, all’inizio dell’esercizio.

Es. 222

Blues training in C

Blues in C

Siamo ora pronti per applicare i nostri accordi di settima dominante ed i relativi arpeggi, in varie permutazioni, ad un giro di blues:

C7 / F7 / C7 /C7

F7/ F7/ C7 / A7/

D7/ G7 /C7 / G7 //

Il nostro blues in C, possiamo tradurlo in numeri romani, che si riferiscono alla funzione armonica, o grado, degli accordi che lo compongono.

I7 / IV7 / I7/ I7

IV7 / IV7 / I7 / VI7/

II7 / V7 / I7 / V7//

Il blues inizia con l’accordo di tonica della progressione, il primo grado. Questo accordo ha però la forma di una settima dominante, il che già ci allontana dall’armonia classica, per la quale un accordo di riposo, sul quale si andrà a risolvere, non dovrebbe presentare la settima minore, riservata ad acccordi di movimento, come il quinto grado, o come eventuali dominanti secondarie (ad esempio il II7, che risolve sul V).

Dal primo grado, che essendo di settima dominante contiene già in sè una certa tensione, ci si allontana momentaneamente con altri accordi, per poi tornare sempre a risolvere su di esso. Tutti gli accordi del giro sono settime dominanti, anche il quarto grado che compare subito in tale forma.

Questo utilizzo libero delle settime dominanti, insieme ad un altro aspetto, che tratteremo in seguito, ovvero la mescolanza ed il passaggio continuo tra modo maggiore e minore, è una caratteristica peculiare dell’armonia blues.

Più della spiegazione teorica, vale l’ascolto della progressione e del senso di tensione e risoluzione (movimento e riposo) che essa genera.

Es. 223 – Nota: Nei primi due giri eseguo gli accordi di settima mettendo in rilievo la nota al canto, che in questo caso è la quinta di ogni accordo. Successivamente viene utilizzata una permutazione di un arpeggio di settima dominante, che inizia con la quinta dell’accordo. La stessa struttura viene trasportata seguendo la progressione. L’esercizio viene eseguito sul set di prima e seconda corda.

Es. 224 – Nota: L’esercizio è simile a quello precedente, eseguito su un altro set di due corde adiacenti (seconda e terza). La frase melodica (arpeggio di settima dominante permutato) è diversamente collocata ritmicamente, iniziando stavolta dal levare dell’uno della battuta.

Es. 225 – Nota: i due set di corde vengono combinati insieme, in due modi diversi. Inoltre, l’inizio degli arpeggi è posto alternativamente sul battere e sul levare dell’uno delle battute.

Es. 226 – Nota: qui si parte dalla terza degli accordi; ritmicamente, gli arpeggi iniziano sul secondo quarto della battuta.

Es. 227 – Nota: Gli arpeggi iniziano sul levare del secondo quarto della battuta.

Es. 228 – Nota: Ancora due diversi modi di combinare i due set di corde. Ritmicamente, gli arpeggi iniziano alternativamente sul battere e sul levare del secondo quarto della battuta.

Es. 229 – Nota: gli arpeggi iniziano sul 3 della battuta e muovono dalla tonica degli accordi.

Es. 230 – Nota: gli arpeggi iniziano sul battere del 3, quando l’accordo dura una battuta, oppure sul levare del 3, quando è possibile collocarli a cavallo tra due battute, rispettando il giro armonico.

Es. 231

Es. 232 – Nota: procediamo nella nostra opera di spostamento degli arpeggi su ciascuno degli 8/8 della battuta di 4/4. Ora cominciamo dal 4 (in battere), col risultato di trovarci a suonare gli accordi con 1/4 di anticipo rispetto alla sezione ritmica. Anticipare l’armonia crea un effetto molto interessante, spesso usato dai solisti. Per imparare a farlo, senza perdere l’orientamento nel giro armonico, occorre però una pratica graduale e costante. Una dimostrazione offerta da un grande maestro).

Gli accordi di settima qui sono suonati senza la terza (che sarebbe nel basso). E’ una nota importante, la cui mancanza rende un accordo ambiguo (a rigore non può dirsi né maggiore nè minore). Ciò non toglie che si possa suonare in questa forma, a seconda del proprio gusto e del contesto.

Es. 233 – Nota: Anche qui manca la terza negli accordi, come nell’esercizio successivo.

Es. 234

Es. 235 – Nota: ora cominciamo dal levare del 4. Gli accordi di settima sono privi della quinta. Riducendo l’accordo a tre note l’esecuzione è più facile, mentre la sonorità dell’accordo non cambia sostanzialmente.

Es. 236 – Nota: anche qui gli accordi di settima sono ridotti a tre note: in questo caso ho omesso le toniche.

Es. 237

Es. 238

Es. 239

Es. 240

12 keys Blues training

Tonalità difficili, enarmonia, doppi bemolli, doppi diesis

Il nostro studio sugli accordi di settima prosegue: quanto abbiamo imparato sui toni degli accordi di un blues in C, dobbiamo essere in grado di trasferirlo facilmente in qualsiasi tonalità. Per poterlo fare agevolmente, dobbiamo prima tornare brevemente sui nostri passi.

Quando abbiamo studiato gli accordi di settima ed i relativi arpeggi (in varie permutazioni) in 12 tonalità, abbiamo privilegiato l’uso dei bemolli rispetto a quello dei diesis. Ciò è stato fatto per due ragioni: 1) evitare di complicare troppo le cose facendo riferimento a nomi multipli (enarmonia) per le 12 altezze presenti all’interno di un’ottava nel nostro sistema musicale; 2) nel repertorio Jazz le tonalità con i bemolli sono maggiormente usate perché più agevoli per gli strumenti a fiato.

Abbiamo quindi studiato Db7, Eb7, Gb7, Ab7, Bb7 anzichè C#7, D#7, F#7, G#7 e A#7. Per trasportare il blues in 12 tonalità, dovremo però andare oltre a tale semplificazione.

Trasposizioni

Quando si analizza un brano, il primo passo consiste nell’individuare l’accordo di tonica: è una specie di centro di gravità, dal quale gli altri accordi del brano si allontanano momentaneamente, creando un movimento ed una tensione, che poi si risolve proprio su quell’accordo, al quale si ritorna sempre (non a caso in inglese l’accordo di tonica si chiama home chord).

L’accordo di tonica viene rappresentato come primo (I – numero romano). Gli altri accordi prendono altri numeri (dal II al VII), in base alla distanza (intervallo) dall’ accordo di tonica.

Nel blues è l’accordo iniziale del giro armonico, che successivamente si ripresenta più volte e chiude ogni chorus alla penultima battuta, riservando l’ultima ad una specie di lancio del giro successivo (il c.d. turnaround).

Quindi il nostro blues in C:

C7 / F7 / C7/ C7 /

F7 / F7 / C7 / A7/

D7 / G7 / C7 / G7//

possiamo scriverlo in questo modo:

I7 / IV7 / I7/ I7

IV7 / IV7 / I7 / VI7/

II7 / V7 / I7 / V7//

Trasportarlo in 12 tonalità, significa risuonarlo partendo ogni volta da un suono diverso della c.d scala cromatica (tutte le altezze utilizzate del nostro sistema musicale nell’ambito di un’ottava).

In questo caso, scegliamo di procedere per quarte: non incontriamo particolari problemi fino al blues in Gb. Vediamo:

Blues in F:

F7 / Bb7 / F7/ F7

Bb7 / Bb7 / F7 / D7/

G7 / C7 / F7 / C7//

Blues in Bb7:

Bb7 / Eb7 / Bb7/ Bb7

Eb7 / Eb7 / Bb7 / G7/

C7 / F7 / Bb7 / F7//

Blues in Eb:

Eb7 / Ab7 / Eb7/ Eb7

Ab7 / Ab7 / Eb7 / C7/

F7 / Bb7 / Eb7 / Bb7//

Blues in Ab:

Ab7 / Ab7 / Db7/ Db7

Db7 / Db7 / Ab7 / F7/

Bb7 / Eb7 / Ab7 / Ab7//

Blues in Db:

Db7 / Gb7 / Db7/ Db7

Gb7 / Gb7 / Db7 / Bb7/

Eb7 / Ab7 / Db7 / Ab7//

Vediamo ora il blues in Gb7:

Gb7 / Cb7 / Gb7/ Gb7

Cb7 / Cb7 / Gb7 / Eb7/

Ab7 / Db7 / Gb7 / Db7//

Qui il IV grado dobbiamo chiamarlo Cb7, anche se contiene i medesimi suoni di un B7. Altrimenti, avremmo nello stesso giro armonico suoni denominati con i bemolli insieme a suoni con i diesis, situazione che determinerebbe notevole confusione, e pertanto si cerca sempre di evitare.

Una triade maggiore di Cb equivale a DOb, MIb, Gb. Il problema di Cb7 è però la settima di dominante, che equivale a SIb abbassato di un ulteriore semitono, ovvero Bbb (doppio bemolle). Canteremo questo suono con la sillaba LA, tenendo sempre a mente che si tratta comunque della settima dell’accordo.

Cb7: con le nostre sillabe derivanti dal do mobile: DE ME SE LA, una combinazione da praticare.

Procedendo ancora per quarte, incontriamo Cb, che corrisponde a SI naturale.

B7 / E7 / B7/ B7

E7 / E7 / B7 / G#7/

C#7 / F#7 / B7 / F#7//

Anche Il blues in B ci pone alcuni problemi, perché qui non possiamo evitare gli accordi con i diesis. Il VI grado di SI è SOL#. Il V grado di SI, invece, è FA#. Non possiamo utilizzare i nostri familiari accordi con i bemolli in questo contesto, sempre per non mischiare bemolli e diesis in una gran confusione.

G#7 è: SOL#, SI#, RE#, FA#; non abbiamo un modo semplice per cantare SI#, quindi lo sostituiamo con il suono reale equivalente DO.

G#7, pertanto, lo canteremo SI DO RI FI, altra combinazione da praticare con pazienza.

F#7 invece sarò FI LI DI MI.

In pratica nel blues in B, ci troviamo nella stessa scomoda situazione di un mediocre sassofonista, al quale venga imposto di improvvisare su un blues in A. Se suona un sax tenore, per lui il Bb è facile come per noi lo è il C, mentre il blues in A, tanto amato dai chitarristi per la possibilità di sfruttare le corde a vuoto, gli fa venire l’orticaria!

Da qui in poi, comunque, le cose saranno via via più facili, almeno per noi chitarristi.

Blues in E:

E7 / A7 / E7/ E7 /

A7 / A7 / E7 / C#7/

F#7 / B7 / E7 / B7//

Blues in A:

A7 / D7 / A7/ A7 /

D7 / D7 / A7 / F#7/

B7 / E7 / A7 / E7//

Blues in D:

D7 / G7 / D7/ D7 /

G7 / G7 / D7 / B7/

C#7 / F#7 / B7 / F#7//

Blues in G:

G7 / C7 / G7/ G7 /

C7 / C7 / G7 / E7/

A7 / D7 / G7 / D7//

Esercizi

Poste le necessarie premesse, possiamo ora intraprendere una serie di esercizi. Le partiture sottostanti servono solo a illustrarne con precisione l’oggetto. Non dobbiamo leggere, dobbiamo invece osservare sulla tastiera della chitarra gli intervalli che separano le note che andremo ad eseguire.

Tale osservazione ci farà da guida e ci consentirà anche di cantare le note con i nomi corretti, ai quali ci abitueremo navigando da una tonalità all’altra.

Impareremo a trasportare la progressione del blues per quarte in tempo reale, senza soluzione di continuità, in 12 tonalità.

Es. 241 – Nota: Il primo esercizio di questa serie si occupa dei bassi: impareremo a suonare tonica e quinta su sesta e quinta corda con il pollice (o con il plettro se preferite), ‘strappando’ con medio e anulare terza e settima dell’accordo. Non useremo una base, semplicemente il metronomo che scandisce il levare di ognuno dei quattro movimenti delle battute.

Es. 242 Nota: Ora che abbiamo ben presenti le toniche e le relative quinte nei bassi, in 12 tonalità, torniamo sulle corde acute (1a e 2a). Seguiremo ora il blues in 12 tonalità utilizzando una permutazione degli accordi di settima (a partire dalla terza degli accordi). Scegliamo un tempo molto lento, questo renderà più facile pensare agli intervalli ed ai nomi delle note. Ci vorrà pazienza, ma questo tipo di esercizio, se praticato abbastanza a lungo, comincerà veramente a sbloccare la nostra capacità di ragionare in qualsiasi tonalità, e di passare dall’una all’altra agevolmente!

Es. 243 – Nota: Ripetiamo con pazienza l’esercizio 242 spostandoci sulla seconda e terza corda. Non abbiamo bisogno di scrivere: le note sono le stesse, con i necessari spostamenti di ottava. L’unica differenza è che cominciamo da un punto diverso, che corrisponde alla misura 57 della partitura, ovvero dal blues in Bb.

Ancora una volta, osserviamo gli intervalli e cantiamo i nomi delle note: non stiamo esercitando la lettura musicale: stiamo preparando il nostro orecchio e la nostra mente ad individuare i suoni degli accordi ed a seguire con sicurezza la progressione armonica.

Es. 244 – Nota: ritorniamo sulle corde 5ta e 6ta, per eseguire al basso la tonica, seguita da settima e terza ‘strappate’ con medio e anulare, e poi la terza, seguita da tonica e quinta dell’accordo. Scrivo solo il blues in C, lasciando al lettore il compito di eseguire la trasposizione in 12 tonalità, che a questo punto risulterà relativamente semplice.

Es. 245 – Nota: Ripetiamo ancora una volta l’esercizio 242, utilizzando lo stesso rivolto (ma modificandone la permutazione), su due set di corde adiacenti: 1a-2a/2a-3a. In questo caso, partiamo dal blues in Ab.

Es. 246 – Nota: la nostra attenzione si rivolge nuovamente ai bassi, suonando tonica e settima degli accordi sulle corde 5ta e 6ta.

Es. 247 – Nota: proseguiamo con un altro rivolto sulle corde 1 e 2. Ho cominciato in Eb. Ho sbagliato i nomi delle note in alcuni punti. Devo ancora esercitarmi su questo aspetto. Noi chitarristi visualizziamo facilmente molte forme geometriche sulla tastiera, che corrispondono a scale, arpeggi o licks, mentre siamo poco abituati a pensare in termini di intervalli e di note. E’ un approccio da superare, in quanto limita molto il pieno sviluppo delle nostre potenzialità musicali.

Es. 248 – Nota: Ripetiamo l’esercizio precedente, stavolta sulle corde 2 e 3. comincio di nuovo in Eb.

Es. 249 – Nota: Ancora lo stesso esercizio, stavolta su due set di corde: (1a-2a, 2a-3a)

Es. 250 – Nota: Torniamo ad occuparci dei bassi, suonando la quinta e la settima sulla sesta corda. Si noti che negli accordi di tre note che utilizziamo cantano la settima e, soprattutto, la tonica: ci aiutano a non perdere l’orientamento mentre cambiano le tonalità.

Es. 251 – Nota: ripetiamo l’esercizio precedente utilizzando, per i bassi, anche la quinta corda. Occorrerà prestare attenzione agli accordi: quando il basso viene eseguito sulla quinta corda, l’accordo va modificato nella diteggiatura, perchè la voce più acuta va sulla seconda corda.

Es. 252 – Nota: come preparazione all’esercizio successivo (253), proviamo ad eseguire la settima degli accordi sulla prima corda e la tonica sulla seconda corda. E’ un intervallo di settima minore discendente su due corde adiacenti, che richiede ampi movimenti su tutta la tastiera. Di conseguenza, non puoi proprio affidarti alla c.d memoria muscolare, devi pensare veramente alle note ed agli intervalli.

L’esercizio inizia in Lab, canto alcune note con le sillabe errate e la mia voce è calante sulle note più acute. Migliorerò!

Es. 253 – Nota: Iniziare dalla settima ed eseguire le note rimanenti del rivolto. Utilizzando solo due corde, non è facile. Resto però convinto che questo approccio sia molto benefico, perché ci costringe ad imparare molto bene le note e gli intervalli.

Es. 254 – Come il 253, ma su seconda e terza corda.

Es. 255 – Nota: al posto degli arpeggi degli accordi di settima, possiamo usare una pentatonica maggiore per ciascun accordo. In pratica si tratta delle triadi maggiori con l’aggiunta di due estensioni: la sesta e la nona. Lascio al lettore il compito di trasporre l’esercizio in tutte le tonalità, il metodo è lo stesso che abbiamo usato con gli accordi di settima, salvo che in questo caso bisogna individuare le triadi ed aggiungere la sesta e la nona.

In particolare, nel blues in blues in B la denominazione delle note può creare dei dubbi, sia per G#7 (VI grado di SI) che per DO#7 (II grado). Le note di SOL# pentatonica sono sol# la# si# re# mi#, noi cantiamo si li do ri fa; per Do# pentatonica, do# re# mi# sol# mi#, cantiamo di ri fa si li. Dal punto di vista teorico è una pratica discutibile, però non riusciamo ad inventarci altre sillabe per designare SI# e MI#, per cui dobbiamo arrangiarci così.

Es. 256 – Come sopra, salvo che le pentatoniche iniziano dalle toniche degli accordi.

Es. 257 – Ancora pentatoniche, stavolta dalla quinta degli accordi. L’esercizio inizia dal Blues in E.

Es. 258 – Come il numero 255, sul set seconda e terza corda.

Es. 259 – Come il numero 256, sul set seconda e terza corda.

Es. 260 – Come il numero 257, sul set seconda e terza corda.

Voice leading e collegamento di elementi melodici

Tutti gli esercizi precedenti erano basati sul movimento parallelo delle voci: questo si realizza quando un determinato rivolto dell’accordo di partenza viene spostato seguendo l’andamento delle toniche, secondo il giro armonico. Un movimento simile si può realizzare anche dal punto di vista melodico, spostando semplicemente la nota di partenza di un arpeggio o di una scala per seguire la progressione armonica, come abbiamo fatto finora.

Naturalmente, gli accordi si possono collegare seguendo il criterio opposto, ovvero realizzando il minimo movimento delle voci, utilizzandone tutti i rivolti, come abbiamo già visto in precedenza con le triadi maggiori. Questo modo di collegare gli accordi risulterà, indubbiamente, più fluido e gradevole.

Allo stesso modo, possiamo collegare arpeggi e scale, attraverso l’utilizzo di note in comune (quando possibile) o perlomeno contigue. E’ quello che cercheremo di imparare attraverso gli esercizi seguenti.

Continua a trasportare per semitoni

Es. 261 – Nota: torniamo a seguire il giro del blues con gli arpeggi di settima. Scegliamo di partire dalla tonica del primo accordo del giro armonico, cercando di tenere ferma la stessa nota come nota di partenza dei successivi arpeggi. Quando non è possibile, ci spostiamo su una nota vicina. L’esercizio viene trasportato per semitoni, sempre cantando con i nomi delle note.

Si potrà osservare come, rispetto agli esercizi precedenti, questo risulterà probabilmente più facile dal punto di vista tecnico, perchè le note sono più vicine tra loro e non occorrono grandi spostamenti lungo la tastiera. Per converso, mentalmente sarà più difficile, per la necessità di calcolare correttamente i rivolti degli arpeggi. Lo eseguiremo a quarti, ad un tempo moderato.

Trasportare per semitoni

Es. 262 – Nota: dall’esercizio precedente estraiamo le prime due note di ogni battuta, per armonizzarle con accordi di settima dominante. Cominciamo dal blues in D per salire cromaticamente.

Es. 263 – Nota: Stesso concetto dell’es. 261, partendo da un primo rivolto dell’accordo di settima di dominante. In questo caso cominciamo da Bb7 per salire cromaticamente.

Es. 264 – Nota: come il 262, con la differenza che si parte con un B7 allo stato fondamentale, che fa cantare la terza dell’accordo, seguito dal secondo rivolto, che fa cantare la quinta.

Es. 265 – Nota: si continua partendo da un secondo rivolto di G7, sempre secondo il concetto dell’esercizio 261.

Es. 266 – Nota: come il 262, con la differenza che si parte con un G7 secondo rivolto, che fa cantare la quinta dell’accordo. Dal blues in G scendiamo per semitoni in tutte le tonalità.

Es. 267 – Nota: si continua partendo dal terzo rivolto di D7, sempre secondo il concetto dell’esercizio 261.

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Es. 268 – Nota: proseguiamo ad accordi, cominciando con un F7 secondo rivolto e terzo rivolto, trasportando il blues cromaticamente.

Una conclusione provvisoria

Abbiamo svolto molto lavoro sul Blues in 12 tonalità, ma ovviamente non abbiamo esaurito l’argomento. Piuttosto, abbiamo preso a prestito la struttura del blues per lavorare sugli accordi di settima di dominante, con qualche cenno alle pentatoniche maggiori.

Comunque, si può improvvisare sul Blues utilizzando quasi esclusivamente questi elementi, ed è estremamente utile provarci, mettendo a frutto la preparazione fornita dai tanti esercizi che abbiamo visto.

Tuttavia, la vera particolarità armonica del Blues sta soprattutto nella possibilità di mescolare maggiore e minore. Dobbiamo perciò acquisire nuovi elementi melodici ed armonici, ed è quello che faremo nei capitoli successivi.

Ritorno alle triadi: minori e diminuite

Da maggiore a minore, da minore a diminuita

Dopo tanto lavoro con un blues fatto esclusivamente di accordi di settima dominante, abbiamo bisogno di allargare le nostre conoscenze. Possiamo farlo ritornando alle triadi.

Se in una triade maggiore (tonica, terza maggiore, quinta giusta) abbassiamo la terza di un semitono, otteniamo una triade minore (tonica, terza minore, quinta giusta). Per imparare le triadi minori, sia come accordi, sia come frammenti melodici, non dobbiamo rifare tutto daccapo: basta modificare la terza in ciò che già abbiamo già visto.

Se poi modifichiamo ulteriormente la triade minore, abbassando di un semitono anche la quinta, ricaviamo una triade diminuita (tonica, terza minore, quinta diminuita.

Es. 269 – Nota: Triadi maggiori, minori e diminuite allo stato fondamentale, trasportate per semitoni. Gli accordi vengono realizzati alternando parti strette e parti late.

Es. 270 – Nota: primo rivolto della triade maggiore, minore, diminuita, trasportate per semitoni. L’esercizio lo eseguiamo partendo dalla triade di Db a salire, con le triadi a parti strette.

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Es. 271 – Nota: Ripetiamo l’esercizio precedente con le triadi a parti late.

Es. 272 – Nota: secondo rivolto, partendo dalla triade di F in secondo rivolto e salendo per semitoni. Gli accordi sono eseguiti a parti strette.

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Es. 273 – Nota: Ripetiamo l’esercizio precedente con le triadi a parti late.

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Es. 274 – Nota: ripetiamo l’esercizio 269, stavolta utilizzando il set di corde 2 e 3. L’esercizio comincia con la triade di Ab e sale cromaticamente. Gli accordi sono eseguiti a parti strette.

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Es. 275 – Nota: come sopra ma gli accordi sono a parti late.

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Es. 276 – Nota: le triadi al primo rivolto sulla coppia di corde 2 e 3, stavolta discendendo cromaticamente. La denominazione delle note nelle triadi diminuite mi crea ancora qualche problema. Alla fine dell’esercizio canto si ti fa (SOL# SI FA). I suoni sono quelli, ma per la triade diminuita di F avrei dovuto cantare le de fa, LAb DOb FA: terza minore, quinta diminuita, tonica.

Es. 277 – Nota: come l’esercizio precedente, stavolta con gli accordi a parti late.

Es. 278 – Nota: continuiamo con le triadi al secondo rivolto. Gli accordi a parti strette.

Es. 279 – Nota: come l’esercizio precedente, salvo gli accordi che qui sono a parti late.

Es. 280 – Nota: il primo rivolto delle nostre triadi viene eseguito melodicamente sulla coppia di corde 3 e 4, mentre gli accordi si prendono su le corde 3, 4 e 5. Le posizioni risultano leggermente diverse da quelle già viste sugli altri set di corde, per via della accordatura della chitarra.

Avevo dimenticato di aprire il microfono e, pur avendo cantato le note con notevole sforzo per non sbagliarne i nomi, la voce non era stata registrata. Ho deciso di aggiungere il canto in un secondo tempo e mi sono reso conto che, pur non suonando, dovevo osservare la tastiera della chitarra per intonare meglio le note e pronunciare i nomi corretti.

Di qui, una riflessione: da un lato, cantare senza dover produrre alcun suono è risultato relativamente più facile, in quanto non dovevo dirigere parte della mia concentrazione alla manipolazione fisica di uno strumento. Dall’altro, mi ha fatto riflettere: visualizzare le note su una tastiera certamente aiuta, a patto che la visualizzazione sia univoca, come accade sul pianoforte ed anche sulla chitarra, a patto di pensare orizzontalmente su un paio di corde.

Tuttavia, quanto più si interiorizzano i suoni, associandoli a dei nomi, tanto più ci si può anche distaccare dalla visualizzazione su un determinato strumento. In altre parole, noi strumentisti dovremmo, sempre di più, imparare a cantare ed a immaginare musica, anche senza l’ausilio del nostro strumento.

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Es. 281 – Nota: come l’esercizio precedente, con gli accordi a parti late.

Es. 282 – Nota: secondo rivolto sulle corde 3 e 4, con gli accordi a parti strette.

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Es. 283 – Nota: come l’esercizio precedente, con gli accordi a parti late.

Es. 284 – Nota: Le triadi allo stato fondamentale sul set terza e quarta corda, con gli accordi a parti strette.

Es.285 – Come l’esercizio precedente, con gli accordi a parti late.

Triadi Diatoniche

Un nuovo punto di vista

Fino ad ora, abbiamo considerato ogni entità melodica o armonica come un universo a sé, con la sua particolare forza di gravità, che attrae o respinge determinate note. Abbiamo quindi studiato ogni triade isolatamente, considerandone i gradi (tonica terza e quinta), i rivolti e le permutazioni possibili: abbiamo osservato le diverse combinazioni di intervalli che si vengono a creare a seconda delle disposizioni delle voci della triade. Abbiamo poi studiato dodici piccole progressioni armoniche, formate da due triadi maggiori, in tutte le combinazioni possibili, per arrivare infine ad una progressione contenente tutte e dodici le triadi maggiori.

A partire dalle triadi maggiori siamo arrivati, aggiungendo una nota, agli accordi di settima dominante e li abbiamo applicati alla progressione di un blues, trasportato in 12 tonalità.

Abbiamo adottato tale modo di procedere per una buona ragione: è meglio iniziare a comprendere ed usare piccoli oggetti melodici (ed armonici), come le triadi e gli accordi a quattro note, piuttosto che riferirsi subito a strutture più ampie, come le scale o i modi, specialmente se il nostro scopo è di prepararci all’improvvisazione.

Infatti, all’interno di una semplice scala maggiore sono contenuti tutti gli intervalli (12), sette triadi (maggiori, minori ed una diminuita), sette accordi di quattro note (che possono essere estesi a cinque, sei o sette note). Si potrebbe pensare che, siccome il meno è compreso nel più, basti studiare la scala per comprendere tutto ciò che è contenuto al suo interno, ma l’esperienza dimostra che non è affatto così.

Tutti abbiamo provato ad improvvisare con le scale, finendo per produrre delle linee melodiche con un rapporto alquanto vago con la progressione armonica sottostante, che assomigliano più a degli esercizi che ad una melodia vera e propria. I reali progressi sono venuti quando abbiamo cominciato ad occuparci più seriamente degli accordi.

Per acquisire una reale conoscenza di questi ultimi, è indispensabile imparare ciò che li distingue uno dall’altro, sotto il profilo delle note che li compongono, per poi cercare di costruire le nostre linee attorno a queste note. In altre parole, abbiamo seguito un approccio verticale alla musica, pensando accordo per accordo.

Tuttavia, occorre comprendere anche l’aspetto orizzontale della musica. Generalmente, un brano musicale contiene una o più sequenze di accordi tra loro collegati.

Se è importante sapere come sono formati gli accordi, da quali note ciascuno di essi è composto, è altrettanto importante comprendere la relazione tra gli accordi stessi. Ad esempio, si potrà osservare che le prime otto misure di un brano, appartengono ad una determinata tonalità.

Non si tratta soltanto di astratta teoria musicale: il nostro orecchio percepisce il fluire della musica, non una serie di accordi isolati uno dall’altro. Mentre ascoltiamo, conserviamo memoria di ogni suono, interpretando ogni evento musicale in relazione a quelli precedenti. Notiamo ciò che resta invariato, per poi lasciarci piacevolmente sorprendere da ciò che cambia. In questo senso si parla di musica basata sulla tonalità: un tono si impone come centro di gravità, attorno al quale si muove l’armonia e la melodia di un brano (o di parte di esso).

Possiamo allora esercitarci sulle triadi maggiori, minori e diminuite in modo tale da cominciare a capire il fenomeno delle tonalità.

Dalle triadi alle tonalità. O viceversa?

I 285 (!) esercizi svolti finora, sono iniziati con una triade maggiore di DO. Sappiamo che è formata da tonica terza e quinta, si, ma di cosa? Della scala maggiore di DO. Pertanto, in realtà è la triade a derivare dalla scala piuttosto che il contrario. Scriviamo la scala maggiore di DO per due ottave (i numeri romani rappresentano i c.d. gradi della scala).

DO(I) RE(II) MI(III) FA (IV) SOL (V) LA (VI) SI (VII) DO (VIII)

RE (IX) MI (X) FA (XI) SOL (XII) LA (XIII) SI (XIV) DO (XVI)

Qualsiasi scala maggiore, costruita a partire da ognuno dei dodici suoni utilizzati nella nostra cultura musicale, rispetta la stessa sequenza di intervalli, che riportiamo prendendo la scala di DO maggiore come modello:

tra DO (I) e RE(II): 1 tono

tra RE(I) e MI(III): 1 tono

tra MI(III) e FA(IV): 1/2 tono

tra FA(IV) e SOL(V): 1 tono

tra SOL(V) e LA(VI): 1 tono

tra LA(VI) e SI(VII): 1 tono

tra SI(VII) e il DO dell’ottava successiva (VIII): 1/2 tono

Formando sette gruppi di tre note, prese per terze, si originano le triadi della scala (c.d. diatoniche):

DO MI SOL = maggiore di DO (C)

RE FA LA = minore di RE (Dmi)

MI SOL SI = minore di MI (Emi)

FA LA DO = maggiore di FA (F)

SOL SI RE = maggiore di SOL (G)

LA DO MI = minore di LA (A)

SI RE FA = diminuita di SI (Bdim)

Gli accordi costruiti sul I,IV,V grado di qualunque scala maggiore sono maggiori; quelli costruiti sul II, III e VI grado sono minori; sul settimo grado, invece, si forma una triade diminuita.

L’armonia: un gioco di specchi?

Potremmo fermarci a quanto appena esposto, tuttavia, osservando i numeri romani che indicano i gradi della nostra scala di due ottave, si può notare qualcosa di interessante: prendiamo ad esempio gli accordi maggiori (DO FA e SOL), ma il ragionamento vale anche per gli altri.

Gli accordi maggiori sono costruiti sul I, IV e V grado della scala ed hanno un’identica struttura. Correttamente, diciamo che sono formati da tonica, terza e quinta. Ma attenzione, degli accordi, non della scala maggiore di DO! Altrimenti dovremmo dire che C contiene tonica, terza e quinta della scala , FA quarta, sesta, ed ottava, SOL quinta settima e nona.

Di fatto, questo tipo di nomenclatura non si usa mai, perché genererebbe confusione, in quanto gli stessi accordi compaiono anche in altre tonalità, in posizioni diverse come grado. Ad esempio F è il IV grado della scala di DO, il I grado della scala di FA maggiore, il V grado di quella di SIb.

Però è anche vero che, in un brano tonale, una volta che l’orecchio individua una certa nota come tonica del brano, tende a percepire le note degli accordi successivi in relazione a quella tonica.

Quindi possiamo dire, per esempio, che l’accordo di G, pur essendo sempre identico a se stesso, ha un effetto diverso a seconda che sia collocato in un brano in tonalità di SOL, in un brano in DO, o in un brano in RE. Questo perché nel primo caso suonerà come un I grado, nel secondo come un V, nel terzo come un IV. Si tratta proprio dell’effetto creato dal fenomeno della tonalità. Difficile da spiegare a parole, ma vi posso assicurare che risulterà facilissimo da comprendere, dopo aver eseguito una buona parte degli esercizi di questo capitolo. Intanto, vediamo il primo:

Es. 286: Nota – le triade diatoniche costruite sui primi tre gradi della scala di DO in posizione fondamentale. Stavolta su un tempo di 3/4 con il metronomo che segna il levare di ogni quarto.

Sibilare Soldo Fa! Fado, Sorella, L’ami? Si

La tonalità di DO va imparata a menadito: è il modello di tutte le tonalità. E’ vero che dobbiamo comprendere ed ascoltare gli intervalli e questo può essere fatto anche pensando solo nella tonalità di DO (sistema del DO mobile, cfr. retro).

Tuttavia per uno strumentista è essenziale imparare a ragionare in qualsiasi tonalità. Per quanto possa essere educato il nostro orecchio, se non conosciamo i nomi delle note in tutte le tonalità e/o non sappiamo dove sono sulla tastiera, la probabilità di premere il tasto sbagliato aumenta esponenzialmente.

Come acquisire questa abilità? Il sistema dei toni e semitoni per visualizzare le scale certamente non è sufficiente, perché le note non sono sempre disposte in scala. Il metodo più pratico è imparare a memoria la sequenza dei bemolli e dei diesis. Il mio primo maestro di armonia, Flavio Crivelli, faceva imparare a memoria ai suoi allievi due strampalate filastrocche: sibilare soldo fa, corrisponde alla sequenza dei bemolli, che si scrivono in chiave per quarte; fado sorella l’ami si, ovvero la sequenza dei diesis, che invece si scrivono per quinte.

Come vedremo negli esercizi seguenti, per passare da una tonalità (scala) a quella che si trova una quarta sopra (o una quinta sotto, che è la stessa cosa) basta aggiungere un bemolle alla volta, oppure togliere un diesis. Mi spiego meglio:

C maggiore: tasti bianchi del pianoforte (nessun b, nessun #):

F maggiore: 1 b (SIb)

Bb maggiore: 2 b (SIb, MIb)

Eb maggiore: 3 b (SIb, MIb, LAb)5 b

Ab maggiore: 4 b (SIb, MIb, LAb, REb)

Db maggiore: 5 b (SIb, MIb, LAb, REb SOLb)

Gb maggiore: 6 b (SIb, MIb, LAb, REb SOLb DOb)

Poi ci sarebbe Cb, sono tutti bemolli, ma noi passiamo a SI, stessi suoni ma scritti con i diesis

SI maggiore: 5 # (FA, DO, SOL RE, LA)

MI maggiore: 4# (FA, DO, SOL RE, LA)

LA maggiore: 3# (FA, DO, SOL)

RE maggiore: 2# (FA, DO)

G maggiore: 1# (FA)

Come avrete notato, abbiamo tralasciato le duplicazioni dovute ai doppi nomi delle note cromatiche (i tasti neri del pianoforte): Cb e C# (sette bemolli e sette diesis rispettivamente, F# (6 bemolli), tre tonalità raramente usate.

Es. 287 – Nota: trasportiamo l’esercizio precedente, in 4 tonalità: C, F, Bb, Eb. Come si vede, ad ogni modulazione si aggiunge un bemolle, che è la quarta della nuova tonalità. Dalla tonalità di DO maggiore si aggiunge un bemolle per andare in FA maggiore: SIb, che è la quarta di F. Da FA, si aggiunge un secondo bemolle, per andare in MIb: LAb, la quarta di MI, e così via.

Es. 288 – Nota: Continuiamo in altre quattro tonalità: Ab, Db, Gb, B. Dalla tonalità di Bb maggiore, evitiamo DOb, che avrebbe sette bemolli, utilizzando invece SI maggiore, che ha cinque diesis.

Es. 289 – Nota: Ripetiamo l’esercizio in altra quattro tonalità; E, A, D, G. Da SI maggiore cominciamo a togliere un diesis alla volta.

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Es. 290 – Nota: mentre prima abbiamo studiato le triadi costruite sul I, II, III grado della scala maggiore, ora ci occupiamo del collegamento tra III, IV, V grado. Cominciamo in DO, su quattro set di corde.

Es. 291 – Nota: come sopra in 4 tonalità: C, F, Bb, Eb

Es. 292 – Nota: Come sopra in Ab, Db, Gb e B.

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Es. 293 – Nota: infine nelle tonalità di E, A, D e G.

Es. 294 – Nota: Ora le triadi costruite sul V, VI e VII grado della scala, in tonalità di DO maggiore, su 4 set di corde.

Es. 295 – Nota: Come sopra in C, F, Bb, Eb.

Es. 296 – Nota: Come sopra, in Ab, Db, Gb e B.

Es. 297 – Nota: Per finire lo stesso esercizio in E, A, D e G.

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Es. 298 – Nota: Ora una permutazione delle sette triadi diatoniche allo stato fondamentale, accostate gli accordi a parti late, in quattro tonalità: C. F. Bb, Eb. Al solito, suoniamo due corde alla volta scegliendo il set di corde che, per ciascuna tonalità, ci consente di iniziare dal tasto più basso possibile.

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Es. 299 – Nota: come l’esercizio precedente nelle tonalità di Ab, Db, Gb, B.

Es. 300 – Nota: Stesso esercizio nelle tonalità di E, A, D, G.

Es. 301 – Nota: continuando ad esercitarci, introduciamo una nuova progressione, I-III-V-VII-I nelle quattro tonalità di C, F, Bb, Eb. Anche la permutazione della triade è differente, inizia con la quinta e scende su terza e tonica.

Es. 302 – Nota: come l’esercizio precedente, nelle tonalità di Ab, Db, Gb e B.

Es. 303 – Nota: concludiamo com le ultime quattro tonalità: E, A, D, G, C

Es. 304 – Nota: una nuova progressione di triadi diatoniche, VII II IV VI I. Per ora, la proviamo in C, su tre set di corde.

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Es. 305 – Nota: ora trasportiamo l’esercizio precedente attraverso le tonalità di C, F, Bb, Eb.

Es. 306 – Nota: l’esercizio precedente nelle tonalità di Ab, Db, Gb e B.

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Es. 307 – Nota: concludiamo con le altre quattro tonalità: E, A, D e G.

Es. 308 – Nota: questo esercizio mette insieme il 301 e il 304, in una progressione più lunga: I, III, V, VII, II, IV, VI, I. Sono gli accordi diatonici della scala di DO maggiore, disposti in un ciclo di terze. Sono sempre le triadi allo stato fondamentale ma le ho permutate iniziando dalla terza (terza, tonica, quinta). La triade arpeggiata è seguita da un accordo corrispondente, eseguito a parti late, che fa cantare la terza.

Questo tipo di esercizi ci insegnerà a riconoscere al volo i gradi degli accordi diatonici, oltre alla qualità delle triadi (maggiori, minori o diminuite). Ma ci occorrerà molta pazienza.

Es. 309 – Nota: Trasportiamo l’esercizio precedente dalla tonalità di C a F, Bb e Eb. La progressione è lunga e, trasportandola per quarte, il cambio di tonalità lo sentiamo chiaramente solo dalla triade diminuita (VII grado), che contiene la quarta nota della scala: è proprio quella che segna la modulazione ad nuova tonalità. Occorre restare concentrati e pensare avanti, anticipando mentalmente l’accordo successivo, mentre stiamo ancora suonando quello precedente.

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Es. 310 – Nota: L’esercizio precedente in Ab, Db, Gb e B.

Es. 311 – Nota: L’esercizio precedente in E, A, D, G.

Es. 312 – Nota: continuiamo il nostro studio sulle triadi diatoniche con un ciclo di quarte. Per il momento ci limitiamo alle triadi costruite sul II, V e I grado della scala maggiore. Si tratta della progressione più usata in assoluto nel jazz (anche se qui viene eseguita con le triadi, anziché con accordi più estesi). Restiamo sul set che comprende prima e seconda corde ed attraversiamo le 12 tonalità.

Mentre gli esercizi precedenti erano in tre quarti, stavolta scegliamo un tempo dispari: 7/4. La ripetizione di un modulo ritmico di 3/4 (la triade arpeggiata) + 4/4 (l’accordo), ci consente di abituarci ad un tempo relativamente inusuale. I tempi dispari, spesso usati nel jazz contemporaneo, debbono essere appresi gradualmente e all’inizio bisogna contare. Per aiutarmi, ho usato il metodo indiano di scandire i ritmi con delle sillabe (konnakol): ta-ba-di-mi va bene per gruppi di 4, mentre ta-ki-ta per gruppi di tre. Il metronomo stavolta scandisce il battere di ognuno dei sette quarti.

Es. 313 – Lo stesso esercizio di prima, con le triadi arpeggiate eseguite sul set di seconda e terza corda.

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Es. 314 – Nota: Ora completiamo il ciclo delle triadi diatoniche per quarte (I, IV, VII, III, VI, II, V, I), nelle tonalità C, F, Bb, Eb, Ab, Db, Gb, B.

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Es. 315 – Nota: ripassiamo Gb e B, per continuare con E, A, D, G e C, utilizzando gli ottavi sull’uno e sul quattro del nostro 7/4.

Es. 316 – Nota: Ripetiamo l’esercizio 314, stavolta con l’arpeggio delle triadi sul set di corde seconda e terza.

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Es. 317 – Nota: Come l’esercizio precedente, nelle tonalità di B, E, A, D, G, C. Rispetto all’esercizio precedente, ho ritardato di un quarto gli accordi, mettendo una pausa sul quattro. Curiosamente, aiuta pensare un forte accento proprio sulla pausa: ascoltate il metronomo, che ho utilizzato in modo da enfatizzare questo punto della misura di 7/4.

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Es. 318 – Nota: Con questo esercizio introduciamo un ciclo di triadi per quinte: I, V, II, VI, III, VII, IV. Ho nuovamente modificato la figura ritmica.

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Es. 319 – Ripartendo dalla tonalità di B, proseguiamo con E, A, D, G e C. Lasciamo invariato il ritmo, solo che lo suoniamo con un’intenzione ‘swing’. Il metronomo, pertanto, scandisce il levare di ognuno dei 7/4. Va anche segnalato che in questo esercizio ho utilizzato la tecnica plettro più dita, in quanto le triadi a parti late, ‘spazzolate’ con il plettro, generano in qualche caso delle risonanze indesiderate.

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Es. 320 – Nota: gli esercizi precedenti, dobbiamo ripeterli anche sul set di corde seconda e terza. Ancora una volta cominciamo con le tonalità C, F, Bb, Eb, Ab, Db, Gb e B.

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Es. 321 – Nota: completiamo la nostra pratica ripartendo da B e proseguendo E, A, D, G per poi tornare a C.

Es. 322 – Nota: un’altra progressione che origina da un ciclo di seste all’interno della scala maggiore: I-VI-IV-II-VII-V-III-I, nelle tonalità C, F, Bb, Eb, Ab, Db, Gb, B.

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Es. 323 – Nota: come l’esercizio precedente nelle tonalità rimanenti (E, A, D, G, C), con la differenza che le triadi vengono eseguite a parti late.

Es. 324 – Nota: gli esercizi precedenti vanno trasportati sul set di corde 2 e 3. Qui nelle tonalità di C, F, Bb, Eb, Ab, Db, Gb, B.

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Es. 325 – Nota: concludiamo con le tonalità di E, A, D, G e C.

Triadi diatoniche al primo rivolto

Intro

Proseguiamo il nostro studio delle triadi diatoniche della scala maggiore, modificando gli esercizi svolti nel capitolo precedente. Stavolta utilizziamo le triadi al primo rivolto (terza, quinta, tonica), permutate in modo che l’arpeggio inizi dalla tonica. Aggiungiamo, a mo’ di accompagnamento, un accordo, che fa cantare la terza ed è un secondo rivolto (quinta, tonica, terza). Il tempo utilizzato è 5/4.

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Es. 326 – Nota: le triadi diatoniche al primo rivolto nelle tonalità di C, F, Bb, Eb, Ab, Db e Gb. Gli accordi sono al secondo rivolto ed eseguiti a parti stette.

Es. 327 – Nota: come sopra nelle tonalità di Gb, B, E, A, D, G, C.

Es. 328 – Nota: disponiamo le nostre triadi diatoniche al primo rivolto in un ciclo di terze, ottenendo una progressione I, III, V, VII, II, IV, VI, I. che trasportiamo attraverso le tonalità di C, F, Bb, Eb, Ab, Db, Gb e B. Stavolta adottiamo una permutazione che inizia dalla terza: 3-1-5.

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Es. 329 – Nota: come sopra nelle tonalità di B, E, A, D, G, C.

Es. 330 – Nota: Ora con le nostre triadi al primo rivolto ci muoviamo seguendo un ciclo di quarte all’interno della scala maggiore, ottenendo una progressione I, IV, VII, III, VI, II, V, I. Trasportiamo la progressione attraverso le tonalità di C, F, Bb, Eb, Ab, Db, Gb e B. La permutazione che utilizziamo inizia dalla quinta: 5-1-3.

Es. 331 – Nota: come sopra, nelle tonalità di B, E, A, D, G, C.

Es. 332 – Nota: ciclo di quinte all’interno della scala maggiore, che origina una progressione I, V, II, VI, III, VII, IV, I. Trasportiamo la progressione attraverso le tonalità di C, F, Bb, Eb, Ab, Db, Gb. Il secondo rivolto non è permutato: 3-5-1 ascendendo, con gli accordi parti strette e con la tonica al canto.

Es. 333 – Nota: come sopra, nelle tonalità di B, E, A, D, G e C.

Es. 334 – Nota: continuiamo il nostro duro lavoro con le triadi diatoniche, ora disposte in un ciclo di seste. La progressione che trasportiamo è quindi I/VI/IV/II/VII/V/ III/I. Le tonalità sono C, F, Bb, Eb, Ab, Db, Gb e B.

Es. 335 – Nota: come sopra, nelle tonalità di B, E, A, D, G e C.

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